Il Covid non ha fermato la migrazione degli italiani all’estero

Giovane emigrante guarda tebellone delle partenze.
Giovane emigrante guarda tebellone delle partenze.

ROMA. – Neanche nel 2020, l’anno della pandemia, si è fermata la migrazione degli italiani oltre confine: il volume delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è stato di circa 160mila unità e ha segnato un forte calo (-10,9% sul 2019), soprattutto per la riduzione di circa un terzo delle emigrazioni di residenti non italiani. Ma nel complesso il numero di espatri dei cittadini italiani (pari a 120.950) è diminuito soltanto dello 0,9%.

A certificarlo è l’Istat con un report dedicato alle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche nel 2020. Sui flussi in uscita, sottolinea l’Istituto di statistica, ha pesato naturalmente “l’effetto diretto delle restrizioni alla mobilità internazionale, attuate per contrastare la diffusione del virus”.

Nell’anno esaminato – caratterizzato da una mobilità interna che ha riguardato 1 milione e 334mila trasferimenti (-10,2%) – il flusso più consistente di cancellazioni per trasferimento della residenza all’estero si è registrato nel Nord-ovest (36mila, +10% rispetto al 2019), seguito dal Nord-est (27mila, +2%) e dal Centro (20mila, +4%), mentre sono diminuiti sensibilmente i flussi dal Mezzogiorno (39mila, -13% rispetto al 2019).

Per l’Istat il tasso di “emigratorietà” più elevato si è verificato in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige (in una posizione geografica di confine che facilita gli spostamenti con l’estero) e Molise (più di 3 italiani per 1.000 residenti); a seguire Marche, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna (tassi di circa 2,5‰). Le regioni con il tasso di “emigratorietà” per l’estero più basso sono invece Puglia e Lazio (circa 1,5‰).

Sotto l’aspetto dei passaggi alle frontiere il 2020 ha evidenziato anche un +83% di rientri di cittadini italiani da Regno Unito, Germania e Svizzera, ma sono aumentati anche del 18% gli espatri nel Regno Unito, pari in tutto a 36mila persone, “valore record verso questa destinazione anche nell’anno della pandemia”, spiega l’istituto di Via Balbo.

Gli italiani che nel 2020 hanno deciso di espatriare sono soprattutto uomini (54%), ma fino ai 25 anni non si rilevano forti differenze di genere (20mila per entrambi i sessi) e la distribuzione per età è perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni in poi invece gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi.

L’età media di coloro che hanno scelto di vivere all’estero è di 32 anni per gli uomini e di 30 per le donne. Un emigrato su 5 ha meno di 20 anni, 2 su 3 hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 14%. Inoltre, sempre nel 2020, sono stati poco più di 40mila i giovani italiani tra i 25 e i 34 anni che hanno deciso di espatriare (il 33% del totale), di questi 2 su 5 (18mila) sono in possesso di almeno la laurea (+10% rispetto al 2019).

Sul fronte interno l’Istat rileva infine che i saldi migratori per 1.000 residenti più elevati si hanno in Emilia-Romagna e nella provincia autonoma di Trento (+3‰), quelli più bassi in Basilicata (-4,6‰), Calabria (-4,4‰) e Molise (-3,6‰). Ma in generale le regioni del Centro-Nord mostrano saldi netti positivi o prossimi allo zero, diversamente da quelle del Mezzogiorno, dove in tutte si riscontrano perdite nette di popolazione.

(di Paolo Teodori/ANSA)

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