Ue: vestiti fonte d’inquinamento da microplastiche

In evidenza le microlastiche dannose sulla spiaggia
Microplastiche

BRUXELLES. – Ogni anno nelle acque di superficie dell’Europa finiscono 13mila tonnellate di microplastiche prodotte dai nostri vestiti, cioè 25 grammi a persona: questa la stima formulata dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) in un rapporto sull’impatto ambientale dell’abbigliamento.

Uno studio messo a punto in vista  del varo, il prossimo mese, da parte della Commissione Ue di una Strategia Ue sui tessuti sostenibili e circolari. Il problema, secondo i dati raccolti dall’Agenzia Ue, alle nostre latitudini riguarda soprattutto i consumi. “La stragrande maggioranza dell’uso delle risorse e delle emissioni avviene al di fuori del continente – si legge nel documento dell’Aea – ma il consumo di prodotti tessili ha causato nel 2020 la terza maggiore pressione sull’uso dell’acqua e del suolo e la quinta maggiore per utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra”.

Quando si veste ogni europeo consuma in media 9 metri cubi di acqua, 400 metri quadi di terra e 391 chilogrammi di materie prime. E contribuisce a una delle fonti principali di inquinamento da microplastiche. Al tema Aea dedica un approfondimento dal quale emerge che i tessuti, in particolare quelli sintetici della “moda veloce” (fast fashion), ne emettono moltissime attraverso le acque reflue dei cicli di lavaggio e la produzione, l’usura e lo smaltimento dei capi a fine vita. Le microplastiche, ricorda Aea, sono ovunque. Nei mari e nei fiumi.

Ma anche nell’aria, a causa di quelle emesse durante l’asciugatura e l’uso degli indumenti. E nei suoli, visto che le acque dei lavaggi finiscono negli impianti di trattamento i cui fanghi di depurazione vengono utilizzati come fertilizzanti nei campi. Pure i rifiuti tessili che vengono gettati come rifiuti, degradandosi, possono creare lo stesso problema.

Secondo l’Aea, per prevenire il rilascio di microfibre dai tessuti occorre intervenire sulla progettazione, sul controllo delle emissioni di microplastiche durante l’uso e su un migliore smaltimento e trattamento. Per quanto riguarda il primo aspetto, i tessuti sintetici, osserva l’Aea, tendono a rilasciare le maggiori quantità di microplastiche nei primi 5-10 lavaggi. Il prelavaggio negli impianti di produzione potrebbe catturarne una grande quota. Sul fronte dell’utilizzo l’Agenzia porta invece come esempio un accorgimento adottato in Francia, dove dal 2025 le lavatrici dovranno essere dotate di un filtro dedicato per le microfibre, con una riduzione stimata dell’80% di questo tipo di emissioni.

Sul terzo fronte, quello del riutilizzo e del riciclaggio dei tessuti, sono già disponibili tecnologie e tecniche che potrebbero rimuovere fino al 98% delle microplastiche dagli effluenti, ma sono ancora poco diffuse. E l’Aea nota che solo il 56% delle famiglie Ue è oggi collegato a processi di trattamento di questo tipo.

(di Angelo Di Mambro/ANSA)

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