L’Ospedale Italiano e il destino degli italo-venezuelani

Negli anni ’60 e ’70, in pieno boom economico, ma anche nella decade degli anni ’80, quando era già evidente l’impoverimento del paese a causa delle ripetute svalutazioni che alimentavano la spirale inflazionista, nacquero in ogni angolo del Paese i Centri Italiano-Venezuelani e le Case d’Italia. Non deve meravigliare. Quando si vive all’estero, le distanze alimentano la nostalgia e cancellano i brutti ricordi per dare spazio a quelli piacevoli e riconfortanti. Col trascorrere dei mesi e degli anni, poi, cresce, diventando quasi una necessità impellente, il desiderio di trascorrere più tempo con chi condivide la nostra lingua, la stessa cultura e identiche tradizioni. È normale in chi si integra nel tessuto sociale del Paese in cui vive. D’altronde, integrazione non significa assimilazione.  È un processo di arricchimento dell’individuo, che impara a conoscere storia, cultura e abitudini della terra che si va trasformando, poco a poco, in una seconda Patria. Ed è anche un arricchimento per il paese che riceve in quanto assorbe valori, cultura e modi di fare dei luoghi di origine degli immigrati.

La nostra comunità, nella stragrande maggioranza giunta nell’immediato dopoguerra, dopo i primi anni di duro lavoro, sacrifici e privazioni cominciò a costruirsi una posizione economica agiata. È così come falegnami, muratori, calzolai, o semplici artigiani con gli anni si sono trasformati in imprenditori di successo, industriali piccoli e medi con spirito d’iniziativa, prosperi commercianti e facoltosi costruttori. Risolta l’emergenza economica, che li aveva obbligati a emigrare, cominciarono ad impegnarsi nella promozione e creazione dei Centri Italiano-Venezuelani e delle Case d’Italia oggi simbolo d’italianità e orgoglio della Collettività. Non si pensò mai, almeno fino agli ultimi anni, ad un Ospedale o Clinica italiana. Non se ne sentiva il bisogno. Il benessere economico raggiunto con tanto sacrificio apriva le porte delle cliniche più prestigiose e all’avanguardia in Venezuela, negli Stati Uniti o in Europa. Quello stesso benessere, poi, si trasformava in gesti di umana solidarietà verso i meno fortunati. Solidarietà che non veniva mai meno.

La realtà dei nostri giorni, purtroppo, è assai diversa. La grave crisi economica ha impoverito tutti, anche chi nella vita ha avuto successo. Così, sono sempre più i connazionali che si rivolgono al Consolato in cerca di aiuto.

L’Ospedale italiano, fortemente voluto dall’Ambasciatore Placido Vigo, è oggi una necessità che viene a rimediare ad una grossa carenza che in passato, quando le risorse economiche abbondavano, mai si è pensato di colmare. Rappresenta un salvagente per una comunità sempre meno giovane e sempre più bisognosa di cure e di medicine. L’Ambasciatore Vigo, il Console Generale Occhipinti e l’Esecutivo del nascente istituto hanno assicurato ripetutamente che tutti gli “italiani” meno fortunati, una volta accertata la loro condizione di vera necessità, riceveranno gratuitamente l’assistenza medica di cui hanno bisogno. Per il resto, l’Ospedale opererà come qualunque istituzione privata.

Sistemata l’emergenza dei connazionali di passaporto italiano, però, resta irrisolta quella degli italo-venezuelani. Ovvero, dei nostri pionieri che in passato, obbligati dalle leggi venezuelane, furono costretti ad acquisire la cittadinanza venezuelana per intraprendere una attività economica. Molti di loro, quando si aprirono i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana, non lo fecero in quanto in quel momento la costituzione venezuelana ancora non prevedeva la doppia nazionalità. Per altri le difficoltà erano ancora più grandi a causa delle enormi distanze, non sempre facili da percorrere, per raggiungere il Consolato; per la complessità della pratica burocratica e, talvolta, per la poca pazienza di alcuni funzionari, non sempre disposti a districare la complessa matassa amministrativa. Oggi, questa fascia di connazionali è ingiustamente discriminata. Nonostante gli sforzi dei Consoli di turno per trovare nelle leggi aree “grigie” o comunque poco chiare che permettano soluzioni d’emergenza, sono tanti, tantissimi gli italo-venezuelani, connazionali come gli altri seppur privi di un passaporto, che restano abbandonati al loro destino. È prevista anche per loro l’assistenza gratuita presso l’Ospedale italiano? È un quesito ancora non chiarito e al quale è necessario dare una risposta. Ci si chiede, in questo caso, se tra coloro ai quali l’Ambasciata ha delegato la direzione dell’Ospedale Italiano prevarrà lo spirito di solidarietà, che ha sempre caratterizzato la nostra Comunità, o se resteranno, invece, indifferenti a queste problematiche e limiteranno al minimo l’aiuto richiesto da chi ne avrà bisogno.

Mauro Bafile