L’Ue inaugura la nuova era delle regole per le Big Tech

Logo di Google sotto la lente.
Google, il motore di ricerca nella web.

BRUXELLES. – Ci sono voluti quindici mesi, quattordici incontri tecnici, trenta gruppi di lavoro, quasi mille emendamenti, quattro round di trattative e oltre un migliaio di esperti e negoziatori. Ma, a velocità record rispetto ai classici tempi istituzionali, l’Europa respinge i tentativi di lobbying delle Big Tech e inaugura la nuova era della regolamentazione dei mercati digitali.

Con una sigla di battesimo di tre lettere, il Dma (Digital Markets Act) decreta le regole del gioco per le grandi piattaforme del web. Che, tra poco più di sei mesi, sotto l’intimidazione di multe fino al 20% del loro fatturato mondiale e sanzioni pesanti, non potranno più essere “too big to care”, troppo grandi per occuparsi e preoccuparsi delle norme comuni e delle conseguenze dei loro comportamenti sui mercati e sulle vite dei cittadini.

Tra obblighi e divieti, prescrizioni e sanzioni, si apre un nuovo capitolo nell’applicazione delle regole antitrust per limitare gli abusi delle grandi piattaforme del web, i cui profitti si gonfiano sempre di più lasciando spesso a bocca asciutta le imprese europee. L’ambito di applicazione – per tutte le società con una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro o un fatturato annuo di 7,5 miliardi, e che operano servizi browser, di messaggeria o social media con almeno 45 milioni di utenti finali mensili nell’Ue – parla chiaro: a rischiare di più è il manipolo delle Big a stelle e strisce che hanno nomi e cognomi: Google, Amazon, Facebook, Apple.

E non lo nasconde di certo la vicepresidente Ue Margrethe Vestager, guardiana della concorrenza. “In questi anni i reclami sono arrivati ;fino alla nostra porta e abbiamo visto cosa può succedere sul mercato” e “faremo aperto che sia aperto e concorrenziale”, ha avvertito la politica danese snocciolando i numeri dei casi aperti con le Big. Che dal canto loro criticano la nuova legge, rea – secondo Apple – di creare “vulnerabilità di privacy e sicurezza non necessarie” per i propri utenti” e mettere a repentaglio “la proprietà intellettuale” e – secondo Google – di “ridurre l’innovazione e la scelta a disposizione degli europei”.

Nel dettaglio, con il Dma sarà vietato raggruppare i servizi pre-installando app sui dispositivi. E poi ci saranno nuovi requisiti per aprire i sistemi operativi ad app di terze parti (il riferimento alla ‘bolla di Apple’ non è velato) e nuove regole di interoperabilità per consentire agli utenti di comunicare attraverso diversi servizi di messaggistica. Insieme ai paletti normativi arrivano a ruota anche le sanzioni.

Alle prime infrazioni, multe fino al 10% del giro d’affari annuo globale delle piattaforme. Per le recidive, si arriva al 20%. E per chi si dovesse rendere colpevole di violazioni sistematiche, si arriva a misure strutturali come un divieto di acquisizioni su territorio europeo o lo smantellamento delle attività.

Del resto, ha tagliato corto il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Anche sulla moderazione dei contenuti. Per la quale si aspetta invece il via libera definitivo nelle prossime settimane al pacchetto gemello Dsa (Digital Services Act). Le Big Tech ora lo sanno: ora manca solo la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale e tra poco più di sei mesi in Europa inizia la nuova era.

(di Valentina Brini/ANSA).