Dal Monastero a Santa Marta, la convivenza di due Papi

Ratzinger e Bergoglio.

CITTÀ DEL VATICANO. – Due Papi, uno regnate e uno emerito, due residenze anomale nella storia del Vaticano, due ‘cerchie’ di amici e sostenitori. E’ così che il Monastero Mater Ecclesiae, dove vive Benedetto XVI, e Santa Marta, dove ha scelto di risiedere Papa Francesco lasciando vuoto l’appartamento a lui riservato nel Palazzo Apostolico, “sono diventati poli antagonisti, al di là e perfino contro la volontà dei ‘due papi’; quasi per forza di inerzia, sotto la pressione di cerchie di potere troppo tentate di regolare vecchi e nuovi conti e di spezzare la continuità miracolosa che i due anziani pontefici hanno cercato e cercano di salvaguardare”.

Lo scrive Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera e tra i maggiori conoscitori delle ‘stanze vaticane’, nel libro uscito oggi insieme al quotidiano: “Il Monastero. Benedetto XVI, nove anni di papato-ombra” (Solferino). Il tempo che Joseph Ratzinger ha vissuto da Papa emerito ha ormai superato gli otto anni di pontificato (2005-2013) in cui è stato ‘regnante’.

E se la sua lealtà a Francesco, mai messa in discussione, confermata dall’affetto di Bergoglio per il suo predecessore, fa parlare di “continuità”, resta il fatto che il Monastero è il punto di riferimento di parecchie figure che lo vedono in qualche modo alternativo, custode dell’ortodossia, rispetto al pontificato di Francesco, più pastorale. Quando non addirittura “il luogo dove vanno a curarsi le persone ferite da Francesco. E sono tante”, come dice il cardinale Gerhard Müller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che sembra riferirsi anche a se stesso, come scrive Franco.

Di fatto è come se le due residenze, che distano poche centinaia di metri, ma che sembrano molto più distanti per stili e persone che le frequentano, fossero catalizzatori, al di là della stessa volontà di Bergoglio e Ratzinger, di due modi di concepire la Chiesa. Due visioni che spesso si cerca di non esplicitare troppo ma che inevitabilmente torneranno a confrontarsi apertamente in un prossimo Conclave.

Su tutto, però, “incombente e irrisolto, rimane il tema della rinuncia papale, ancora non regolata, affidata alla buona volontà e al senso di responsabilità di chi rinuncia e del successore”, ricorda Massimo Franco. Si è parlato spesso in questi ormai nove anni della necessità di “regolare” le dimissioni di un Papa ma di fatto ad oggi resta “una lacuna che proietta un’ombra di incertezza ben oltre l’esperienza del Monastero e la coesistenza di Benedetto e di Francesco”, si legge nel libro.

Il saggio è un vero e proprio “viaggio”, fisico, in quel luogo lontano dal mondo ma di fatto nel cuore di Vaticano nel quale ha scelto di vivere Benedetto. Ma è un viaggio anche nella storia della Chiesa cattolica di questi nove anni, tra i protagonisti che frequentano come interlocutori privilegiati le due residenze, Monastero e Santa Marta.

Tra le persone più vicine a Ratzinger, oltre allo storico segretario, mons. Georg Gaenswein, Franco ha raccolto la testimonianza dell’ex Prefetto del Sant’Uffizio, il card. Mueller. E’ colui che parla più direttamente, senza giri di parole, quando si riferisce alla “corte dei finti amici di Francesco” o ai “teologi della domenica” definendoli “dilettanti”. Partendo da quello che per il teologo tedesco potrebbe diventare “uno scisma”, e del quale Ratzinger sarebbe “preoccupatissimo”, ovvero le posizioni più progressiste della Chiesa tedesca, evidenzia che “lo stanno promuovendo amici del Santo Padre, che in realtà lo usano solo quando fa loro comodo, per portare avanti la loro strategia. È questo, il dramma del suo pontificato”, dice riferendosi a Bergoglio.

Nel libro si parla anche dell’eco degli scandali finanziari e di quelli legati alla pedofilia. Dell’apertura alla Cina come anche dei ‘pasticci’ che hanno inciso nei rapporti tra i due ‘vaticani’, come la lettera di Benedetto ‘tagliata’ o come del libro a quattro mani tra Ratzinger e il card. Robert Sarah. Su tutto si staglia la figura di Benedetto XVI “pallida, fragile, smagrita, e insieme intellettualmente lucidissima di un papa emerito in grado di dispensare sempre meno parole; ma che quando lo fa continua a provocare un’eco enorme”.

(di Manuela Tulli/ANSA)