La battaglia di Twitter. Musk, sono contro la censura

Elon Musk durante una conferenza stampa
Elon Musk durante una conferenza stampa. (Photo by Olivier DOULIERY / AFP)

NEW YORK. – “Con libertà di parola voglio dire una libertà che rispetta la legga. Sono contrario alla censura che va al di là della legge”. Elon Musk cerca di chiarire la sua posizione ed entra a gamba tesa nell’infuriato dibattito che si è acceso sulla sua acquisizione di Twitter. Un’operazione che affonda Tesla a Wall Street: il colosso delle auto elettriche chiude in calo del 12% e brucia oltre 110 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato.

A preoccupare è la possibilità che Musk sia costretto a vendere azioni per finanziare l’acquisto di Twitter. Un’acquisizione compiuta in soli 12 giorni che non smette di far discutere. Jeff Bezos insinua una maggiore influenza della Cina negli Stati Uniti con Musk alla guida di Twitter. L’Unione Europa sottolinea come le regole non cambiano con il cambio di proprietà.

La politica americana è in subbuglio di fronte a un’acquisizione che trasforma radicalmente il mondo dei social e mostra lo strapotere dei miliardari nell’influenzare l’opinione pubblica. I piani del patron di Tesla per la piattaforma non sono ancora chiari al di là del definirsi un assolutista della libertà di parola. Ma i timori sulla maxi operazione, anche alla luce della sua imprevedibilità e della sua comprovata anarchia agli schemi, sono più che evidenti.

Negli States deputati e senatori, ma anche la Casa Bianca, seguono con attenzione gli sviluppi consapevoli della forza dei social e degli scandali che si sono succeduti nel corso degli anni, dalla disinformazione alla fake news passando per le teorie della cospirazione.

Joe Biden è “preoccupato dal potere dei social media al di là di chi è alla guida”, ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, dando voce al malessere diffuso in Congresso verso la Silicon Valley. Un disappunto che però da anni non riesce a concretizzarsi: i numerosi tentativi di procedere a una stretta delle regole sulla privacy e una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei colossi del settore sono caduti nel vuoto.

Ben più esplicita la senatrice democratica Elizabeth Warren. L’accordo è un “pericolo per la democrazia. Abbiamo bisogno di una tassa sui ricchi e di regole più stringenti affinché Big Tech sia responsabile”, ha tuonato Warren facendo riferimento alla crescente influenza dei paperoni.

A Musk, l’uomo più ricco del mondo, è infatti finita Twitter mentre Mark Zuckerberg controlla Facebook e Instagram, oltre ad avere aspirazioni sul metaverso. A Bezos, il secondo paperone al mondo, fa capo invece il Washington Post. Proprio Bezos, il rivale per eccellenza di Musk nella corsa allo spazio, ha attaccato il patron di Tesla osservando come con la sua ascesa a Twitter la Cina ha una maggiore influenza negli Stati Uniti, visto che nel paese Musk ha profonde radici e forti ricavi con il suo colosso delle auto elettriche. Un’affermazione però respinta seccamente da Pechino: “non ci sono basi fattuali”.

A lodare invece il patron di Tesla è Jack Dorsey. Il fondatore di Twitter promuove come un “primo passo giusto” il delisting della società: “Elon è la soluzione singolare in cui credo”, ha detto. E con Musk alla guida non è escluso che proprio Dorsey possa avere un ruolo maggiore nella ‘sua’ Twitter. Molti ritengono che il super impegnato Musk non possa assumere anche l’incarico di numero uno della società che cinguetta e questo potrebbe riportare in auge Dorsey, rimosso nei mesi scorsi dalla guida.

Mentre S&P mette sotto osservazione il rating di Twitter per un possibile downgrade, i dipendenti della società sono divisi nell’accogliere l’operazione. Molti temono che con il patron di Tesla Twitter indebolirà le sue politiche di controllo sui contenuti nel nome di una libertà di espressione assoluta. Altri invece appoggiano Musk, affascinati dal suo tocco magico con cui ha trasformato ogni cosa che ha toccato.

Fino a quando l’operazione non sarà chiusa, ha rassicurato l’amministratore delegato Parag Agrawal, non ci sono cambi in vista o riduzioni alla forza lavoro. “Una volta che l’accordo sarà finalizzato – ha aggiunto – sapremo in che direzione si muoverà l’azienda”. Una direzione su cui molti si interrogano e che molti temono.

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