L’evoluzione del sapiens

L’evoluzione della specie non si è mai fermata e probabilmente oggi, con tutta la scienza che l’homo sapiens è stato in grado di produrre e la tecnologia che ha sviluppato, probabilmente può essere analizzata meglio se non, addirittura, prevista. Già, l’homo sapiens nasce con Lucy, in Etiopia, poi si sviluppa e migra un po’ ovunque, a differenza di quel cocciuto di Neanderthal, che invece era territoriale, e con l’arrivo del Sapiens, suo naturale contendente, più alto e più bello, si è lasciato sopraffare per colpa proprio della sua cocciutaggine. Certo, sono ipotesi, ma sta di fatto che le due specie hanno convissuto per un po’, e poi uno è scomparso mentre l’altro ha fatto bisboccia di tutte le risorse naturali, fino a creare isole di plastica nel pacifico, desertificare territori sconfinati, perforare montagne, impestare l’aria, fare un buco nello strato di ozono, inventarsi le piogge acide e tante altre belle cosine di cui è facile pentirsi, ma da cui è difficile liberarsi.

Torniamo indietro: a un certo punto della sua evoluzione, il Sapiens scopre la scienza. E sviluppa anche la tecnologia. Quale delle due scopre prima è difficile sapere, ma possiamo dire che la scienza nasce dall’osservazione dei fenomeni e la tecnologia dalla possibilità di sfruttare le risorse o di semplificare uno specifico lavoro. Le due cose non hanno la stessa radice: la prima osserva gli uccelli che volano basso o alto e prevede pioggia o bel tempo, salvo poi cercare le cause nella pressione atmosferica, la seconda nasce dalla necessità di scuoiare il mammuth o sventrare lo stambecco appena cacciati e, certo, è più facile se hai gli attrezzi. La differenza tra le due aree di conoscenza sta nello scopo: il primo è osservazione per dare la misura delle cose, il secondo è semplificazione del duro lavoro del troglodita.

Noi non sappiamo quanto l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens siano stati antagonisti (forse un po’ sì), ma sappiamo che il Sapiens ha continuato in questo cammino diventando l’arrogante padrone del pianeta che, avendone fagocitato le risorse in maniera scriteriata, oggi pensa di colonizzare Marte, cosa ormai alle porte, grazie alla massima evoluzione raggiunta, che vediamo ben rappresentata in individui come Elon Musk. Ce ne sono altri, non faccio nomi, che si danno da fare per avere sempre più dominio, e si servono della tecnologia, che siano bombe e carrarmati o moduli SW, per delimitare il proprio territorio.

Non facciamoci illusioni: la caratteristica che domina in questi individui è proprio il bisogno di ampliare il proprio dominio, a volte mascherando ipocritamente questo bisogno in azioni dette umanitarie, come spesso sono state definite alcune invasioni o alcune guerre che, comunque, sono fatte con armi tecnologiche. Che queste siano moduli SW nati per controllare i dati (che oggi, candidamente, forniamo noi) o basi missilistiche, sempre di armi si tratta.

Ricerca di dominio, quindi, come linea evolutiva caratteristica del Sapiens. Certo, un grande scopatore (ops, mi è sfuggito) che ha superato la soglia dei sette miliardi di individui in poche centinaia di migliaia di anni, combattendo mortalità infantile e malattie (limitatamente a una classe privilegiata, solitamente occidentale, solitamente bianca e bella) e che ora, dopo essersi mangiato il pianeta, piagnucola per l’aria sporca o per il delfino spiaggiato che è morto per aver mangiato buste di plastica. Insomma, ‘sto Sapiens è proprio una brutta bestia.

Diciamo, allora, a cosa è servita l’evoluzione? Oppure, in questa evoluzione, quali aspetti che fanno del Sapiens un Sapiens, sono stati privilegiati? Cosa ha consentito al Sapiens di sviluppare la tecnologia, partendo da una pietra intagliata che gli è servita per scuoiare il mammuth, fino ad arrivare ai livelli incredibili di oggi? Per quale motivo la tecnologia e i valori umani o, più semplicemente, l’intelligenza visionaria che ti ferma se fai casino e ti sostiene se fai qualcosa di buono, non si sono sviluppate allo stesso modo, lasciandosi spesso guidare dalla caratteristica dominante del Sapiens, che è il bisogno di dominare?

Non pretendo dare risposte, ma una cosa è certa: a noi scrittori, pensatori, artisti, individui comuni, rimane solo il pensiero, e questo può essere ancora sviluppato fino a diventare un’arma che si contrappone alla nostra condotta che ci vede al servizio di un sistema malato, fatto di indifferenza e di deresponsabilizzazione.

Noi, che siamo persone qualunque, non possiamo chiamarci fuori, a volte basta poco per contribuire ad invertire una tendenza, a volte basta un gesto. Certo, i vari potentati che cercano di trarre ulteriore vantaggio dalla condotta delle masse esisteranno sempre, ma le masse non possono sempre essere informi, a volte, lo dimostrano alcuni momenti importanti della storia, si sono svegliate e hanno cambiato il corso degli eventi. Eh, beh, allora, caro Sapiens, oltre al bisogno di dominio che ti caratterizza, usa un’altra delle tue caratteristiche, che è la tua capacità di far gruppo, la tua capacità di fare società, e invece di essere sempre prono ai voleri del Sapiens più forte o più ricco, fai movimento, crea dinamiche che possano contrapporsi al flusso dominante. Già, perché oltre alla sete e alla fame di dominio, esiste la capacità di creare coesione sociale, e non è poco!

Claudio Fiorentini

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