Putin: “L’Ue si suicida sull’energia”. Negoziati fermi

Il presidente russo Vladimir Putin e alle sue spalle il ministro degli Esteri Serghei Lavrov
In una foto d'archivio il presidente russo Vladimir Putin e alle sue spalle il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. EPA/MAXIM SHIPENKOV / POOL

ROMA. – Comunicazioni interrotte, Mosca e Kiev non si parlano. Almeno ufficialmente, almeno per ora. Uno stallo confermato da entrambe le capitali in guerra. Mentre Vladimir Putin, in diretta tv, è tornato a puntare il dito contro l’Occidente e contro le sanzioni, descrivendole come un tragico boomerang: “Si stanno suicidando”, ha detto parlando ai responsabili delle imprese petrolifere russe. Una sorta di “suicidio energetico”, ha ammonito il leader del Cremlino, con danni irreparabili nel medio e lungo termine per l’economia europea, soprattutto se a Bruxelles si arriverà davvero a decidere l’embargo sul petrolio e il gas russi.

“Danno la colpa alla Russia per l’inflazione energetica, dicono che è tutta colpa della Russia, ma stanno solo cercando di coprire i loro errori”, ha tuonato il presidente che, davanti alle telecamere, mostra il solito piglio, la solita determinazione. Nonostante continuino a rincorrersi le voci sul suo precario stato di salute, sulle pesanti cure a cui sarebbe sottoposto e persino e su un presunto intervento chirurgico per estirpare un tumore. Con tanto di videomessaggi preregistrati e sosia pronti a sostituirlo per non farne notare l’assenza.

Mentre un ex colonnello delle forze di Mosca ha raccontato come lo zar guidi direttamente le operazioni sul campo “come fosse un colonnello”. Operazioni che però, avrebbe aggiunto, si starebbero rivelando “un fallimento”.

Così dopo 85 giorni di conflitto regna sovrana l’incertezza, e la luce in fondo al tunnel appare ancora spenta. “I negoziati non stanno proseguendo, in nessuna forma”, le parole del viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, che addossa tutta la responsabilità sulle spalle dell’Ucraina accusandola di essersi ritirata unilateralmente dal tavolo. “E lo spostamento del processo negoziale ucraino da Kiev a Washington e Londra non porterà frutti”, ha avvertito ancora Rudenko, come a voler sottolineare la distanza abissale che per adesso divide la Russia da Stati Uniti e Regno Unito.

Di “processo negoziale sospeso” parla anche Mikhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha confermato come dopo l’incontro di Istanbul a fine marzo le delegazioni dei due Paesi “non hanno più raggiunto alcun progresso”. Del resto Kiev ha ribadito la sua linea: “Nessuna trattativa se prima Mosca non ritira le sue truppe dai territori occupati dall’inizio dell’aggressione”, il 24 febbraio scorso. Zelensky lo ha ripetuto nei suoi colloqui telefonici con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron.

Eppure negli ultimi giorni qualche spiraglio di dialogo c’è stato, lasciando intuire come, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la diplomazia dietro le quinte continui a fare il suo corso. L’ultimo segnale in questa direzione è stata l’intesa per far uscire i feriti e parte dei soldati ucraini dall’acciaieria di Azovstal. Uno schema da cui Mosca e Kiev potrebbero partire per arrivare ad altri risultati, gettando le basi per una vera e propria ripresa delle trattative. E poi c’è quella telefonata della settimana scorsa tra il numero uno del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, che fa sperare nella riapertura di un canale di comunicazione constante tra Washington e Mosca in attesa di un eventuale contatto anche tra Casa Bianca e Cremlino.

Quest’ultimo al momento improbabile, visto il reciproco scambio di accuse e di invettive. Soprattutto per quelle parole di Joe Biden che Vladimir Putin non ha mai digerito, dopo essere stato descritto dal presidente americano come un dittatore, un criminale di guerra, un macellaio.

In attesa di eventuali sviluppi futuri, i toni restano aspri. “L’Occidente sta conducendo una guerra ibrida contro la Russia in cui l’Ucraina è solo materiale di consumo nelle sue mani, a nessuno importa davvero di Kiev”, ha affermato Lavrov, mentre per il segretario del Consiglio di Sicurezza del Cremlino Nikolaj Patrushev “l’Occidente vuole creare le condizioni per instaurare in Russia un regime sotto il suo controllo, come ha fatto in Ucraina e in altri Paesi”.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).