Baraccopoli Brasile spostata grazie Istituto Tumori

Il parde comboniano di origine italiane Dario Bossi. (Ansalatina)

MILANO.  – Vivono finalmente in un quartiere nuovo, attrezzato, e senza rischi le oltre mille persone che affollavano una baraccopoli in Brasile inquinata da numerosi altoforni e scorie ferrose, causa di malattie respiratorie e oncologiche e decessi e contro la quale l’Istituto dei Tumori di Milano aveva iniziato 14 anni fa una battaglia a colpi di manifestazioni e carte bollate.

La struttura italiana era intervenuta per eseguire sul posto una serie di controlli su richiesta del padre missionario comboniano Dario Bossi che domani partecipa a Milano ad un incontro sulle malattie respiratorie e inquinamento atmosférico da industrie siderurgiche.  A guidare la battaglia per lo spostamento della baraccopoli a Piquià de Baixo, il responsabile della pneumologia Roberto Boffi con la sua squadra dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

“É una vittoria per la salute dei più poveri e fragili, si tratta di famiglie che non hanno accesso alle cure e nemmeno alla diagnosi – ha spiegato Boffi – infatti quasi il 30% della popolazione da noi visitata e analizzata con spirometria aveva deficit respiratorio fino a sei mvolte in più rispetto al resto degli abitanti del Brasile. É così che alcuni sono morti di tumore”.

“Ho visto persone con dolori al corpo, mancanza di respiro, mal di gola, febbre alta, mal di testa, dolori all’orecchio e problemi, una condanna a una morte lenta e inesorabile – ha aggiunto padre Bossi –  Già nel 2010 la Federazione internazionale dei diritti umani denunciava le condizioni inumane dove viveva questa gente e le malattie descritte nel 65 per cento delle persone che abitava a Piquià”. “Si tratta di un riscatto per chi non ha piegato la testa  – ha concluso – e ha lottato per il diritto a respirare”.

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