Guerra Ucraina, Gallagher: “La Santa Sede vuole facilitare il negoziato di pace”

Monsignor Paul Richard Gallagher con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba durante la conferenza stampa.
Monsignor Paul Richard Gallagher con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba durante la conferenza stampa. (Vatican News)

CITTÀ DEL VATICANO. – La Santa Sede è vicina all’Ucraina e il Papa ha inviato il suo ministro degli Esteri per fugare qualsiasi dubbio o incomprensione. Il conflitto è “insensato”, dice da Kiev monsignor Paul Richard Gallagher, ministro degli Esteri vaticano e “la mia visita vuole dimostrare la vicinanza della Santa Sede e di Papa Francesco al popolo ucraino, particolarmente alla luce dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina”.

Il capo della diplomazia vaticana conferma: “La Santa Sede riafferma, come ha sempre fatto, la sua disponibilità a favorire un autentico processo negoziale, vedendolo come l’unica strada giusta per una risoluzione equa e duratura”. Lo dice in una conferenza stampa con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, dopo la visita nelle città martiri di Bucha, Irpin e Vorzel dove l’arcivescovo ha pregato nel luogo che era stato utilizzato come fossa comune.

Con Kuleba poi ha reso omaggio al memoriale delle vittime. Kuleba ha ringraziato per le preghiere del Papa ma ha anche detto di sperare in una visita del Pontefice in Ucraina. Ha ricordato i bimbi uccisi nel conflitto e ringraziato la Santa Sede per i piccoli feriti e malati che sono stati accolti al Bambino Gesù.

E’ una visita di solidarietà, vicinanza, quella di Gallagher, ma anche per verificare quali vie da percorrere per riallacciare un dialogo anche se, ammette il presule, ci sono “ferite profonde”, “bisogna dare tempo”, “è difficile parlare adesso di pace”.

Parole chiare come quelle relative alla solidarietà con un Paese che non vuole essere travolto e defraudato: “La Santa Sede ha sempre sostenuto pienamente l’integrità territoriale dell’Ucraina. Tutto ciò che il vostro governo deciderà nei negoziati, nelle azioni che porteranno alla pace in Ucraina, è un diritto sovrano del popolo ucraino e dei suoi leader”.

Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati sottolinea in ogni suo incontro, dai vescovi alle autorità locali, dal governo alle strutture che stanno prestando assistenza ai profughi, tutta la “vicinanza della Santa Sede”. La sua missione è anche quella di ricucire i rapporti con una Chiesa locale che non ha capito fino in fondo le scelte di Papa Francesco, dalla Via Crucis all’annuncio di volere andare a Mosca.

“Se ci sono dubbi sull’amore e sulla devozione del Santo Padre per l’Ucraina e il suo popolo, penso che la mia presenza qui sia per dissipare quei dubbi. Se il Papa parla della sua disponibilità a fare tutto quello che può, allora lo sta facendo davvero, cioè se dice di essere pronto per andare in Russia, vuol dire, infatti, che è pronto ad andare in Russia nell’interesse dell’Ucraina, per fare tutto il possibile per la pace”, ha detto ai vescovi.

Poi ha rivelato che il Pontefice continua ad agire per risolvere le questioni più delicate che gli vengono sottoposte: “Posso assicurarvi che anche nei giorni scorsi c’è stata una richiesta preliminare se il Papa potesse aiutare con un problema particolarmente difficile qui in Ucraina nell’attuale fase del conflitto. Il Papa si è detto assolutamente pronto a farlo se necessario. Scopriremo nei prossimi giorni e settimane se questo problema verrà risolto”.

Non rivela di più ma potrebbe avere a che fare con le persone, civili e militari, che sono stati deportati dalla Azovstal di Mariupol in territorio russo. Ed è per questo che ora una visita del Pontefice a Kiev, che continua ad essere richiesta a gran voce dalla Chiesa e dalle istituzioni ucraine, non è in agenda.

“Per qualsiasi intervento in questa guerra da parte del Santo Padre, della Santa Sede o di rappresentanti del Santo Padre, dobbiamo essere convinti – spiega – che il risultato sarà positivo. Quindi non ha senso che il Papa venga” e “poi la situazione peggiori per il popolo ucraino o anche per i militari, che devono ancora essere evacuati dall’industria”, ha aggiunto riferendosi proprio all’Azovstal.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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