Recessione globale, l’allarme di mercati e analisti

Pil: Operaio dell'industria metalmeccanica.
Operaio dell'industria metalmeccanica.

ROMA. – Le nuvole che si vanno addensando sull’economia potrebbero segnalare il rischio di una recessione globale. E i primi a dirlo sono i mercati, non solo con le Borse in forte correzione, ma una con pioggia di vendite anche su bond, anche quelli protetti dal rischio-inflazione, metalli, oro, crypto-asset.

L’indice mondiale delle Borse Msci world è caduto dell’1,5% la scorsa settimana, oltre il 5% a maggio e il 18% da inizio gennaio. A New York il Nasdaq segna -27% da inizio anno, lo S&P500 -18%, con perdite intorno al 12% per Francoforte, Parigi e Milano. Nello stesso periodo – in cui lo spread Italia-Germania è salito da circa 130 a 200 – il rendimento del treasury decennale americano è raddoppiato dall’1,5 al 3%. Le quotazioni dell’oro, dai picchi di oltre 2.000 dollari allo scoppio della guerra, sono in ritirata sotto 1.800 dollari.

Come spiega al Financial Times Dhaval Joshi, chief strategist di Bca Research, “l’ultima volta che si era verificato questo allineamento di stelle da ‘vendi tutto’ fu agli inizi del 1981”. Allora il presidente della Fed Paul Volcker, per “spezzare la schiena” all’inflazione, trasformò la stagnazione in una recessione. Joshi non è il primo a fare un parallelo con le dinamiche di quegli anni.

La struttura dell’economia globale è cambiata profondamente, ma il rischio è abbastanza alto da agitare il sonno delle autorità finanziarie mondiali: dopo il G7 in Germania appena concluso, il dossier atterra a Davos la prossima settimana. E alla Bce è più acuto dato l’impatto diretto della guerra in Europa: oggi la presidente Christine Lagarde, pur aprendo a un rialzo dei tassi a luglio, fa capire che non sarà da mezzo punto ma da un quarto, e che il percorso sarà graduale: vogliamo “sollevare l’acceleratore ma non tirare il freno”.

Anche Robin Brooks, che oggi fa il capo economista all’Institute of International Finance, la lobby bancaria mondiale, ed è stato economista a Goldman Sachs e al Fondo monetario internazionale, è convinto: “siamo sull’orlo di una recessione globale. La crescita effettiva quest’anno è -0,1%”, ottenuta togliendo il pesante effetto-trascinamento del boom del 2021 che fa registrare un +2,3% puramente statistico.

Brooks dà la colpa alla recessione in arrivo nell’area euro, coi rincari energetici che stanno mangiando consumi e investimenti, e alla pesante frenata della crescita in Cina, con i suoi lockdown che di nuovo soffocano il commercio globale.

Ma c’è di più: c’è la crisi dei mercati emergenti colpiti dal ‘dollar squeeze’, debito in dollari che si rivaluta col biglietto verde e la stretta della Fed. E poi gli Usa: Mohamed el-Erian, ex capo del colosso dei bond Pimco ora a Gramercy Fund Management, ritiene ormai “inevitabile” la stagnazione. La recessione “non è inevitabile, ma purtroppo le probabilità stanno salendo”.

Il rischio è infatti che la Fed, per combattere un’inflazione alle stelle che comincia ad essere anche un grosso guaio politico a Washington, pur di frenare la corsa dei prezzi sia disposta a rischiare di mandare l’economia in recessione. Il presidente della banca centrale, Jay Powell, ha detto chiaro e tondo che la Fed, che ha già alzato i tassi di mezzo punto in una sola volta ad aprile, intende fare lo stesso a giugno e luglio.

E’ alto il rischio di deragliare la crescita, visto che anche negli Usa i consumatori sono alle prese con una crisi del potere d’acquisto e un elevato indebitamento. E’ qui che entra in gioco il parallelo con 40 anni fa. Negli anni Settanta furono dapprima le svalutazioni di Nixon, poi la crisi petrolifera a causare stagflazione. Le banche centrali furono inerti, per non indebolire la crescita. Il risultato fu un’inflazione a due cifre che finì per portare alla recessione indotta da Volcker, appunto, e a una stagione di austerity incarnata da Reagan e Thatcher. Oggi la parola d’ordine è ‘soft landing’, atterraggio morbido dopo anni di boom e moneta in regalo. Non sarà facile.

(di Domenico Conti/ANSA)