“Mia figlia Down offesa in spiaggia”

Flash mob in occasione della Giornata internazionale della Sindrome Down.
Flash mob in occasione della Giornata internazionale della Sindrome Down.

NAPOLI. – I protagonisti di questa storia sono Luca e Alba, padre e figlia. Lui è Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli e papà adottivo di Alba, 5 anni, affetta da sindrome di Down. Nello scorso weekend erano al mare, sulla spiaggia di Scauri, meta gettonata dai napoletani al confine tra Campania e Lazio, quando un amichetto della piccola ha riferito le parole della madre secondo la quale quella compagna di giochi era “brutta e malata”.

E’ lo stesso Trapanese a raccontarlo sul suo profilo Facebook. “Giocavamo alle giostre in spiaggia”, scrive. “Si è avvicinato un bimbo e, senza mezzi termini, mi ha detto che secondo la sua mamma Alba è malata e anche brutta. I bambini, si sa, sono la bocca della verità. Sono rimasto di pietra, non sapevo nemmeno cosa rispondere, mi sono sentito impreparato e fragile, perché mia figlia non è malata e la sua disabilità non la invalida dell’essere una bambina felice, oltre ad essere oggettivamente bella. Quel bimbo non ha colpe, ma grazie alla sua mamma, rappresenta una parte della società ostile alla diversità, indifferente al dolore, incentrato sul raggiungimento di una perfezione che non esiste”.

“Ho deciso di rendere pubblica questa storia – spiega Trapanese all’ANSA – perché mai come in questo momento c’è un problema di ignoranza generalizzata. Il messaggio che vorrei passasse è che avere una figlia down non é una disavventura ma una opportunità, perché la vita perfetta non esiste, mentre oggi siamo completamente circondati da messaggi di perfezione per i quali i nostri figli devono sperare di essere i migliori, mentre l’importante è che siano felici”.

Una paternità fortemente voluta quella di Trapanese, che ricorda così la scelta di adottare un bimbo down. “Ero in vacanza con altri ragazzi affetti da sindrome di Down, chiesi di prendere in affido un bambino disabile e mi affidarono Alba: dissi subito di sì. Il mio intento non è quello di attaccare la mamma che ha detto quelle cose di Alba, ma di lanciare un monito: stiamo attenti perché non abbiamo capito il senso delle cose, abbiamo perso l’orientamento. I figli non sono proprietà privata”.

La storia di Luca e Alba potrebbe finire qui, con un risvolto amaro. “E invece – rileva l’assessore – nella vita quando si chiude una porta si apre un portone. Ecco allora che lunedì pomeriggio la mamma di un amichetto di scuola mi manda una foto di Alba con Arturo, un suo compagno di classe, che si tengono per mano, con questo messaggio: “Grazie a te e ad Alba…lei riesce a sfiorargli le mani…e il cuore”.

“L’ho interpretato come un segnale di speranza. E’ tutto nelle mani di noi genitori – osserva – i disabili saranno soli se noi decidiamo di lasciarli soli. Non se noi come società lavoriamo per la loro vera integrazione. Certo è che posso rendere Alba la bambina più abile del mondo, le posso garantire le migliori terapie, posso cercare per lei la scuola più preparata, ma se non sarà accolta dalla società come una persona e non come una handicappata il mio lavoro è stato del tutto inutile. Ecco perché – conclude – bisognerebbe iniziare a ragionare sul bene comune, partire dall’idea che sono tutti figli nostri, nonostante le diversità, e che ognuno di loro ha diritto alla felicità e non al primato di migliore”.

(di Armando Petretta/ANSA)

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