Bufera a casa Trump, l’inchiesta su Capitol Hill spacca la famiglia

Manifestanti pro-Trump entrano nel terreno del Campidoglio in Washington. Immagine d'archivio.
Manifestanti pro-Trump entrano nel terreno del Campidoglio in Washington. Immagine d'archivio. EPA/WILL OLIVER

NEW YORK. – Caos nella famiglia Trump. Scaricato davanti all’America anche dalla figlia prediletta Ivanka, l’ex presidente reagisce brutalmente mostrando l’alta tensione nel suo circolo più ristretto, quello dei familiari fedelissimi. Lo strappo pubblico fra padre e figlia si consuma durante la prima udienza pubblica della commissione sul 6 gennaio, ma i rapporti fra i due sono tesi ormai da tempo.

Ivanka è stata nel clan Trump quella che da subito, già da novembre 2020, ha preso le distanze sulle frodi elettorali. Trump non le ha poi perdonato l’insistenza con cui gli ha chiesto ripetutamente di intervenire per fermare l’assalto al Campidoglio, forzando più volte il suo ingresso nello Studio Ovale. A confermare la tensione sono anche i rapporti ridotti al lumicino con Jared Kushner, il genero-consigliere con cui Trump si sarebbe sentito solo una o due volte dall’uscita dalla Casa Bianca.

Mentre Washington e gli americani assistono attoniti a video e testimonianze di quel maledetto mercoledì del 2021, presentati dalla commissione del 6 gennaio, scoppia un nuovo caso nello stesso filone. Quello di Ginni Thomas: la moglie del giudice della Corte Suprema Clarence Thomas ha fatto pressione su 29 deputati dell’Arizona affinché ribaltassero il voto delle elezioni. In una email ha chiesto loro di ignorare la vittoria di Joe Biden e scegliere grandi elettori in grado di lasciare Trump alla Casa Bianca.

Rivelazioni che gettano un’ulteriore ombra sulla Corte Suprema americana, già ritenuta troppo politicizzata con le nomine effettuate dall’ex presidente e sommersa da una pioggia di critiche per l’imminente decisione sulla possibile abolizione dei diritti sull’aborto.

Lo scandalo Ginni Thomas precede la seconda udienza pubblica della commissione di indagine sul 6 gennaio, fissata per lunedì prossimo e dedicata in parte a far emergere i timori interni all’amministrazione Trump sulle capacità dell’ex presidente di guidare il Paese.

L’ex ministro dell’istruzione Betsi DeVos ha raccontato di aver sollevato, dopo il 6 gennaio con l’allora vicepresidente Mike Pence, la possibilità di ricorrere al 25mo emendamento della Costituzione per rimuovere il tycoon, confermando le indiscrezioni precedentemente circolate. L’ex segretario di Stato Mike Pompeo ne avrebbe infatti discusso con l’allora segretario al Tesoro Steven Mnuchin. E a Pompeo si sarebbe rivolto anche l’ex ministro del Lavoro Eugene Scalia, esprimendo le sue preoccupazioni e ventilando l’ipotesi che qualcuno parlasse con Trump di dimissioni.

Perseguendo la strada dei timori interni all’amministrazione, la commissione sul 6 gennaio vuole mostrare agli americani l’inadeguatezza di Trump alla casa Bianca anche in vista di una sua possibile ricandidatura nel 2024. La campagna per la conquista della Casa Bianca si è già aperta, soprattutto fra i repubblicani agitati dalla possibilità che una discesa in campo del tycoon possa favorire i democratici.

In casa liberal monta invece lo scetticismo su Joe Biden, con il coro no a una sua candidatura che cresce. Frustrati dalle difficoltà del presidente nel portare avanti l’agenda democratica e dubbiosi sulle sue capacità di salvare il partito dopo l’attesa debacle alle elezioni di metà mandato, i liberal sono anche convinti che Biden non sia – anche per motivi di età – la persona giusta per affrontare una seconda volta Trump. Lo scontro fra il presidente e l’ex presidente nel 2024 sembra così allontanarsi, ma nulla ancora è certo con la variabile Trump ancora troppo forte sul suo partito.

(di Serena Di Ronza/ANSA)

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