“Il Lugansk cadrà presto”, civili in fuga dall’Azot

Carro armato ucraino sulla linea di frontiera a Soledar, Donetsk
Carro armato ucraino sulla linea di frontiera a Soledar, Donetsk. (Photo by Anatolii STEPANOV / AFP)

ROMA. – La Russia sta facendo pesare la sua superiorità di uomini e mezzi sul campo ed entro poche settimane può concludere con successo l’offensiva nel Lugansk. La previsione è arrivata dagli americani, mentre l’esercito invasore ha continuato a bersagliare Severodonetsk distruggendo i suoi ponti per isolare la città.

Gli ucraini resistono nella zona industriale e nella fabbrica di Azot, ma il rischio per le centinaia di civili rifugiati all’interno è altissimo, dopo un incendio provocato da un raid. Alcuni di loro, secondo i separatisti filo-russi, sono riusciti a fuggire. L’Armata di Putin è tornata a colpire anche nell’ovest del Paese, per distruggere rifornimenti militari. Provocando decine di feriti.

Durante l’ennesima e cruenta battaglia tra le macerie di Severodonetsk (in cui è rimasto ucciso un ex soldato britannico schierato con Kiev), il governatore ucraino Serghyi Gaidai ha affermato che i difensori “stanno prevalendo negli scontri in strada”, e tuttavia “l’artiglieria del nemico sta radendo al suolo di tutti gli edifici usati dalle nostre truppe per nascondersi”.

Una battaglia impari, quindi, come confermato dall’intelligence britannica. I russi – ha rilevato Londra – probabilmente si preparano a schierare il terzo battaglione di alcune formazioni da combattimento, mentre in genere si impegnano solo due battaglioni contemporaneamente”. Se necessario, anche mobilitando “nuove reclute e riservisti”.

I combattimenti proseguono anche intorno alla fabbrica Azot, all’indomani del raid russo che ha provocato un vasto incendio. Ed è incerta la situazione dei circa 800 civili nascosti all’interno. Secondo l’emissario di Mosca nel Lugansk, Rodion Miroshnik, alcuni hanno iniziato a lasciare il complesso, da un varco non controllato dagli ucraini, “portati in salvo dalle forze alleate”.

Da Kiev, però, non è arrivata alcuna conferma. I separatisti hanno affermato anche di non voler prendere d’assalto l’impianto, ma hanno chiesto alle “truppe ucraine all’interno di arrendersi”. L’obiettivo dei russi, secondo le autorità locali ucraine, è spingere al massimo per prendere Severodonetsk entro i prossimi giorni, ed in quest’ottica stanno distruggendo tutti i ponti per tagliare fuori i rifornimenti di uomini e armi.

Fonti della Difesa americana hanno confermato che la resa della città, insieme con Lysychansk, appare imminente. E dopo aver chiuso la partita del Lugansk, si aprirà quella del Donetsk. Il primo obiettivo lungo la linea dell’avanzata è Bakhmut, dove da giorni si sentono regolari gli echi dei bombardamenti. E nel mirino c’è anche Kramatorsk, la città più grande dell’oblast.

Oltre al Donbass, i russi continuano a tenere alta la pressione sugli ucraini anche nel resto del Paese. Missili da crociera hanno colpito nell’ovest, a Tchortkiv, a 140 km dal confine rumeno. L’obiettivo, secondo Mosca, era un deposito di armi fornite da americani ed europei. Ma nel raid, ha riferito Kiev, ci sono stati 22 feriti. Nelle zone occupate sulla costa l’esercito di Putin ha proseguito con le attività di sminamento a Mariupol, annunciando che tutta la spiaggia, oltre al porto, è di nuovo in sicurezza.

Quanto ai difensori, il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato che le sue truppe “stanno gradualmente liberando il territorio di Kherson” e che ci sono stati “progressi anche nella regione Zaporizhzhia”. Il leader ucraino nel suo ultimo video-messaggio ha detto che nessuno sa quanto durerà il conflitto, ma ha rivendicato che i suoi uomini finora hanno superato tutte le aspettative, impedendo ai russi di invadere tutta l’Ucraina orientale.

“È già il 108esimo giorno di guerra, è già giugno, e resistiamo”, ha assicurato. Mentre il Papa, nell’Angelus domenicale, ha rivolto ancora una volta il suo pensiero “alla popolazione ucraina afflitta”. Lanciando un appello a “non abituarci a questa tragica realtà e a tenerla sempre nel cuore. Preghiamo e lottiamo per la pace”.

(di Luca Mirone/ANSA)

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