Lepore (MotoforPeace), impegno sociale attraverso le “dueruote”

MADRID – In vent’anni hanno visitato più di 100 paesi e percorso, in moto, oltre 300mila chilometri. Hanno attraversato i quattro continenti, a volte in condizioni estreme. Lo hanno fatto e continueranno a farlo. Non una gita estiva; non un viaggio turistico ma un impegno sociale. È questo l’obiettivo che si sono posti dal primo giorno, lo spirito che li ha uniti per dar vita all’associazione Onlus italiana “MotoforPeace”.
– La nostra associazione – ha spiegato Bernardo Lepore presidente dell’Associazione membro della Polizia di Stato e Coordinatore della Vigilanza del Parlamento a Roma – nasce grazie all’impegno di un gruppo di poliziotti di Roma. Abbiamo voluto unire la passione per la moto e per i viaggi con la solidarietà. Dal 2021, realizziamo missioni umanitarie in moto. Studiamo un itinerario, esaminiamo se lungo il percorso ci sono progetti di sviluppo a favore di bambini, donne, anziani oppure se c’è bisogno di materiali, di donazioni. Con l’aiuto di altre persone, di aziende, di imprenditori, di sostenitori, riusciamo a portare un po’ di sollievo alle popolazioni che soffrono. Con le nostre missioni cerchiamo di creare un clima di serenità, un attimo di pace.
– Quali sono i corpi di polizia che aderiscono a “MotoforPeace”?
– “MotoforPeace” – ha commentato – nasce in seno alla Polizia di Stato. Poi hanno aderito Carabinieri, Guardia di Finanza e poliziotti di altri paesi europei.
Non è un caso, quindi, che in questa nuova missione di “MotoforPeace”, Lepore sia accompagnato da Richard Celona, Vicepresidente dell’Onlus italiana e Ispettore a Milano dell’Arma dei Carabinieri; da Mehmet Özkoçak, Generale della Polizia turca; da Egidio Nobile, Sovrintendente Capo a Treviso della Guardia di Finanza; Jordi Rodríguez Lima, “caporal” della “Guardia Urbana” di Barcellona (Spagna) e da Ignacio Porta González, giornalista di Vigo (Spagna), incaricato del coordinamento e del protocollo.
– Una specie di gemellaggio… tra corpi di polizia nel mondo….
– Si, esatto. – ha precisato -. Quando effettuiamo le nostre missioni e attraversiamo altri paesi, promuoviamo dei “meeting” con le polizie che ci ospitano. Raccontiamo chi siamo e cosa facciamo. Grazie a questa attività, al nostro gruppo hanno aderito polizie di tante nazioni europee. Ad esempio, Germania, Belgio, Spagna, Portogallo, ma anche Turchia, paesi del Sud America, Libia. Quindi, si è trasformato in un grandissimo lavoro di squadra, ed è diventato un “Team interforze umanitario”.
– Quanti paesi avete visitato?
– In vent’anni abbiamo attraversato più di 100 paesi e percorso oltre 300.000 km ha commentato per poi sottolineare:
– La collaborazione delle polizie dei paesi che abbiamo attraversato è stata fondamentale.
Ha spiegato che ormai si tratta di “un team organizzato ed autosufficiente”. I motociclisti, a volte anche una ventina, “hanno al seguito due furgoni con tutto il necessario per assicurare sostegno tecnico, per garantire assistenza medica e anche con una cucina da campo per limitare al minimo le spese”.
– La valutazione di un itinerario – ha affermato – avviene con l’aiuto delle istituzioni competenti: il Ministero dell’Interno e quello degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. La sicurezza dei componenti del “team” – ha sottolineato – è uno degli aspetti più importanti. Una volta deciso l’itinerario. Si passa a valutare i progetti. Dal 2018 – ha chiarito -, sosteniamo e documentiamo l’opera dei missionari cattolici nel mondo. Sono loro i veri volontari di questo ventunesimo secolo. È per questo che il progetto, che nasce nel 2018, è stato battezzato “Anonimi della Fede”. Perché? Perché queste persone sono anonime. Offrono il loro contributo e spesso la loro vita a cambio di nulla. Nessuno sa mai chi siano. Di loro, questi missionari cattolici, si parla solo se sono rapiti, feriti o uccisi. Noi vogliamo dare risalto all’opera che svolgono.

Tappa “madrileña”

Iniziato a Roma il 20 maggio scorso, il viaggio degli integranti dell’Onlus italiana si è concluso nella “Plaza Obraidoiro” a Santiago di Compostela, dove sono stati ricevuti dal Presidente della Xunta, dal Sindaco di Santiago, dalla Direttrice Generale del Turismo, dal Direttore del Xacobeo 21-22, dal Direttore Generale dell’Interno e della Protezione Civile, dal Commissario Capo della Polizia Regionale galiziana, dall’Arcivescovo di Santiago, dal Console Onorario d’Italia a Galicia e da tanti amanti delle dueruote.

La breve tappa “madrileña” di “Moto for Peace”, nell’ambito della rotta “Camino de Europa – Xacobeo 2022”, “non poteva non includere la visita alla nostra Ambasciata. Nel Palazzo di Amboage, il “team” dell’associazione è stato ricevuto dall’Ambasciatore d’Italia in Spagna, Riccardo Guariglia, che, in questa occasione, si è spogliato delle vesti di diplomatico, prudente e riservato, per ascoltare con ammirazione e forse anche un pizzico d’invidia, amante com’è dei viaggi, i racconti del “team”. Ha ricordato, a volte con nostalgia altre con passione, città e paesi visitati anche dagli integranti di “MotoperPeace” in un ameno scambio di aneddoti e opinioni.

Viaggiare in Europa è semplice. C’è un’infrastruttura stradale, non ci sono problemi di frontiere, né pericoli legati alla delinquenza o alla presenza di bande armate. Ma voi avete realizzato viaggi anche in America Latina e Africa, continenti questi in cui viaggiare via terra non è semplice… Quali inconvenienti avete trovato? Come vi preparate?
– Allora, inconvenienti… sono molteplici – ha ammesso -. Cerchiamo di organizzarci al meglio. Ad esempio, strade sterrate, strade con sabbia si affrontano solo se praticabili; altrimenti, si cambia itinerario. Nel 2018, siamo arrivati fino al Nord dell’Angola con l’intenzione di entrare in Zambia. Ad un certo punto, la strada non c’era più. Un’inondazione l’aveva portata via. In quel caso che fai? Torni indietro e cerchi un’alternativa. Alcune scelte si devono fare sul campo. Programmare un viaggio in Europa, come ho detto, in questo momento è facilissimo. Google Maps è di grande aiuto al momento di disegnare l’itinerario. Quando stai in Africa, in Sudamerica o in Asia, le cose cambiano. Si disegna un itinerario di massima, calcolando che ci potrebbero essere delle varianti.
– Vi siete sentiti qualche volta in pericolo… magari per casi di violenza imprevisti?
– Allora – ha subito risposto – , diciamo pure che ci sono stati momenti in cui siamo dovuti stare più attenti. Comunque, grazie al contributo del Dipartimento di Polizia che inoltra una nota a tutti i paesi che attraversiamo, nelle nazioni in cui c’è un maggior rischio ci viene solitamente assegnata una scorta. Ciò non toglie che, spesso, ci si trova da soli in posti dove bisogna fare la massima attenzione. Lì scende in campo la nostra esperienza di poliziotti. È questa che, a volte, ci tira fuori da qualche guaio oppure ce lo fa percepire in anticipo.

Entusiasmo e tanta passione

Risulta strano per noi, abituati ad assistere, nei giardini dell’Ambasciata al viavai di politici, diplomatici, di esperti in economia e sviluppo aziendale o di illustri esponenti del mondo culturale o sportivo, incontrarci con un raduno di motociclisti. Appena sei, a dir la verità, rappresentanti di un mondo che non ci è familiare. La loro semplicità, l’umiltà con cui spiegano la loro motivazione e l’entusiasmo con cui raccontano i loro viaggi ha la virtù di sedurre chi ascolta. Lo ha fatto con l’Ambasciatore Guariglia, che si è intrattenuto a lungo con gli ospiti, sommergendoli di domande con la curiosità propria già non del diplomatico ma del giornalista avvezzo. Il Presidente della ONG Bernardo Lepore ha colto l’occasione per consegnare all’Ambasciatore Guariglia, anche a nome dei suoi compagni di viaggio, il gagliardetto della missione, un diploma e due piastrelle di ceramica dedicate al Cammino dei Pellegrini di Santiago.
– Quanti motociclisti compongono il gruppo di persone che partecipa a questi viaggi, missioni?
– Il team solitamente è composto da 20 persone.
– Tutti poliziotti, carabinieri o permettete a civili di integrare la squadra e partecipare a “MotoforPeace”?
– Ci sono anche alcuni civili che si uniscono, sono persone che danno un contributo reale alla missione. Può essere un cameraman, un fotografo. Sono quelle professioni che noi non riusciamo a trovare nell’ambito del nostro gruppo…
– Quindi, nel caso lo decidessi, sarei benvenuto…
– Sarebbe bello magari avere un giornalista al seguito che possa raccontare le missioni…
– Sono due mesi lontani dalla moglie, dai figli… Come recepisce la famiglia questo vostra passione? Queste lunghe assenze motivate dal vostro impegno sociale?
– In modo positivo – ha rassicurato -. Sanno che andiamo a portare un aiuto a persone che ne hanno bisogno. Non siamo un gruppo di motociclisti che si reca in vacanza a prendere il sole. A volte non abbiamo neanche un letto in cui riposare e siamo costretti a dormire in terra. Le nostre famiglie capiscono e ci appoggiano
– Una vostra giornata tipo? Quanti chilometri percorrete? Avete momenti per distrarvi un po’, per fare turismo? Vi recate in luoghi, città, paesi che non conoscete e quindi il minimo che ci si aspetta è guardarsi attorno…
– Quando si può sicuramente – ha ammesso per poi ricordare che generalmente si scelgono “itinerari fuori dalle rotte turistiche” -. A noi interessano le persone, interessano gli ambienti – ha aggiunto -. La sveglia è sempre all’alba. Si fa colazione e si percorrono 150 o 200 km. E c’è un primo stop. Magari, col supporto della polizia locale, se è presente, oppure dalle indicazioni che ci vengono date, riusciamo a fare lo stop in qualche località interessante. Quindi mediamente percorriamo 500 km al giorno, con alcune fermate. In altre parole, si guida dall’alba al tramonto con alcune interruzioni per un caffè o uno spaghetto, che ci prepariamo noi, oppure, se si va di fretta, si mangia un panino. È il momento conviviale… La sera ci si trova tutti insieme, si fa il briefing della giornata, e si esamina il programma del giorno successivo. Ripeto, noi partiamo con un programma, ma sul campo questo programma varia sempre.
– È duro fisicamente percorrere 500 km tutti i giorni per due mesi. Come gestite questo aspetto che non è certo irrilevante ?
– Naturalmente non si può essere un motociclista della media… – ha precisato -. Sono viaggi che si affrontano con la testa. Se si è convinti dell’importanza della missione, se si è convinti della bontà degli obiettivi, il corpo reagisce in maniera positiva. A volte si sono unite al gruppo persone non particolarmente persuase della finalità del progetto. Lo hanno fatto solo per realizzare il viaggio. Hanno abbandonato strada facendo. Non è una passeggiata, non si affronta come se fosse una gita. Noi tutti abbiamo superato gli “anta” … ma riusciamo a gestire benissimo gli sforzi e i sacrifici. Oggi, stiamo dormendo in sei, in una stanza di 15 m². Per noi non è un problema; è un motivo per farci una risata in più. Il disagio forse diventa l’elemento più divertente in un viaggio di questo tipo. Le comodità uno se le deve dimenticare. E quando ti trovi in Africa, in Asia e nelle Americhe questo aspetto ti fa sentire più vicino a quello che stai facendo.
– Perché la moto, le due-ruote che implicano uno sforzo ed un impegno e non un’automobile? Non sarebbe stato più facile e comodo?
– Innanzitutto, c’è la nostra passione per la moto – ha precisato immediatamente -.E poi la moto, secondo me, è il mezzo che ti avvicina di più alle persone e agli ambienti. In moto senti tutto: i profumi, gli odori. Ti permette di osservare l’ambiente. E, infine, l’approccio con le persone è diverso. Quando ti vedono arrivare in moto, l’accoglienza è diversa… capiscono che per arrivare fin lì, in moto, hai fatto un grande sacrificio. Quando nel 2010 abbiamo fatto Tunisi – Città del Capo, in Kenya, in Mozambico o in Malawi – ha concluso -, le persone ci guardavano sbalordite. Ci dicevano, ma tu da là sei arrivato? Cioè, ma come avete fatto? In conclusione, è un grande sacrificio, che viene ampliamente ripagato.
Mauro Bafile