Erdogan non molla, a rischio la festa Nato di Madrid

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan annuncia la scoperta di riserve di gas naturale piú grande della storia durante una conferenza stampa ad Istanbul, Turchia,
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan annuncia la scoperta di riserve di gas naturale piú grande della storia durante una conferenza stampa ad Istanbul, Turchia, EPA/Ufficio Stampa presidenza Turchia

BRUXELLES. – Un’ombra pesa sul summit di Madrid della Nato. Ovvero arrivare senza un accordo con la Turchia e dover dunque rimandare la ‘festa’ per l’ingresso di Svezia e Finlandia. Che saranno comunque presenti nella capitale spagnola ma, se le cose continuano ad andare per le lunghe, senza lo status di Paesi formalmente futuri membri del club. “Sarebbe una macchia nera sul vertice”, confida una fonte diplomatica dell’Alleanza.

Un peccato, dato che la Nato sta mettendo molta carne al fuoco per la ratifica dei leader – compreso un aumento del 600% delle truppe disponibili per il comando militare alleato (SACEUR). Ma andiamo con ordine. Il segretario generale Jens Stoltenberg, sostenuto dagli Alleati, sta facendo il possibile per arrivare a un accordo tra Ankara, Helsinki e Stoccolma.

Dopo la Finlandia è volato in Svezia per incontrare la premier Magdalena Andersson. “Accolgo con favore il fatto che la Svezia abbia già iniziato a modificare la sua legislazione antiterrorismo e che s’impegni a garantire che il suo quadro giuridico per le esportazioni di armi rifletta il suo futuro status di membro della Nato, con nuovi impegni nei confronti degli alleati: si tratta di due passi importanti per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Turchia”, ha detto Stoltenberg.

“La Turchia ha sollevato delle preoccupazioni, le stiamo prendendo molto seriamente e stiamo dialogando insieme con la Finlandia”, gli ha fatto eco Andersson. “Vogliamo risolvere la situazione perché possiamo portare molto all’Alleanza, saremo un membro costruttivo e attivo”.

Il prossimo passo è affrontare la ministeriale Difesa di mercoledì e giovedì, l’ultima riunione di peso prima del summit. Alla cena di apertura ci saranno anche l’Ue, la Georgia, l’Ucraina e per l’appunto Svezia e Finlandia. In quel quadro si parlerà del conflitto in corso, anche perché in giornata si terrà un incontro della ‘lega per l’Ucraina’ a trazione Usa. Il giorno successivo sarà invece interamente dedicato al futuro della Nato, con tre grosse questioni sul tavolo: il nuovo modulo d’intervento per le forze dell’Alleanza, la postura strategica verso la Russia e il bilancio comune, che il comando chiede sia “raddoppiato”.

La novità più grande, che probabilmente dominerà i titoli, sarà l’aumento delle truppe: dalle 40 mila ora disponibili sotto diretto comando Nato alle circa 240 mila (dal computo già promesso al momento mancano gli Usa, dunque sarebbe una cifra conservativa). Naturalmente non si tratterà di mettere subito gli scarponi sul terreno sul fronte orientale (perché di questo si tratta) ma di arrivare a un nuovo formato più adatto ai tempi che corrono, con chiari impegni (verificati e verificabili) da parte degli alleati sulle forze messe a disposizione, articolate su tre livelli di prontezza per l’arrivo ad un ipotetico fronte (da 10 a 50 giorni).

E non solo truppe di terra ma anche di aria, mare e cyber. “Non è proprio quello che chiedevano gli alleati dell’Est, ovvero i boots on the ground, ma ci si avvicina molto”, spiega un’altra fonte. Anche perché i tempi sono cambiati dagli anni della Guerra Fredda ed è stato deciso che avere caserme scuole e fortini, oltre a costare molto, è roba d’altri tempi. La parola d’ordine della Nato del 21esimo secolo è “flessibilità e mobilità”. Ma anche la capacità di difendere ogni centimetro di suolo alleato.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)