Papa Francesco in Canada, mea culpa per orrori in scuole indigeni

Cittadini protestano contro la chiesa in Canada.
Le proteste dei comunità dei nativi canadesi contro la Chiesa in Canada. (Ansalatina)

CITTÀ DEL VATICANO. – “Incontrare e abbracciare le popolazioni indigene”, dopo che “molti cristiani, compresi alcuni membri di istituti religiosi, hanno contribuito alle politiche di assimilazione culturale che, in passato, hanno gravemente danneggiato, in diversi modi, le comunità native”.

E’ stato lo stesso papa Francesco, all’Angelus di domenica scorsa, a sintetizzare le motivazioni e i contenuti del viaggio apostolico che da domenica prossima, 24 luglio, e fino a venerdì 29 – ma il rientro in Italia avverrà sabato 30 -, lo condurrà in Canada. Un viaggio pressoché ‘monotematico’, e sicuramente ‘sui generis’, questo 37/o del pontificato di Bergoglio, che lui ha definito un “pellegrinaggio penitenziale”, e che porterà a 56 i Paesi visitati dal Pontefice argentino.

E tutto nasce dagli incontri che, tra la fine di marzo e il primo aprile scorsi, il Papa ha avuto in Vaticano con le comunità First Nations, Metis e Inuit, oltre che dal “cammino di guarigione e riconciliazione” che l’episcopato canadese ha intrapreso da tempo con le popolazioni aborigene dopo gli orrori e la “vergogna nazionale” delle scuole residenziali governative gestite in gran parte dalla Chiesa cattolica tra il 19/o secolo e la metà del 20/o: istituti sparsi in tutto il Paese, dove circa 150 mila bambini aborigeni furono sottoposti a un vero e proprio “genocidio culturale”, sradicati dalle loro famiglie, privati delle loro lingue e valori ancestrali, e molti di loro picchiati, incatenati o imprigionati a scopo punitivo, nonché sottoposti ad abusi anche sessuali. Molti, denutriti, morivano durante la permanenza.

Già all’inizio del secolo scorso un’inchiesta giornalistica portò alla luce che il 42% dei minori che frequentavano scuole residenziali morivano prima dei 16 anni. Dopo decenni di polemiche e di lotta per la verità – l’ultima delle 130 strutture residenziali fu chiusa in Canada solo nel 1996 – a rinfocolare le reazioni dei sopravvissuti, dell’opinione pubblica e della politica è stato il ritrovamento nel maggio del 2021 dei resti di 215 bambini in una fossa comune presso l’ex scuola residenziale indiana Kamloops, nella Columbia Britannica.

Poche settimane più tardi sono state ritrovate ben 751 tombe anonime in un’altra scuola a Marieval nel Saskatchewan. Ancora, nel mese di luglio, c’è stato un ultimo ritrovamento di 182 tombe nei presi dell’ex scuola residenziale della missione di Sant’Eugenio, vicino a Cranbrook.

Negli incontri in Vaticano con le delegazioni First Nations, Metis e Inuit il Papa ha già espresso la sua “indignazione”, il “dolore”, la “vergogna” per questi soprusi e per lo sradicamento delle popolazioni in senso colonialista, per le “ferite” inferte anche da uomini di Chiesa, e ha promesso di recarsi a testimoniare questi sentimenti in territorio canadese, a recitare il suo ‘mea culpa’ davanti alle comunità native. Durante i sei giorni di visita – nove i discorsi, tutti in spagnolo -, Francesco sarà a Edmonton, nell’occidentale provincia dell’Alberta, a Quebec, nell’omonima provincia francofona, e nell’estremo nord, a Iqaluit, capitale del territorio di Nunavut.

Oltre a incontrare la governatrice generale Mary Simon (lei stessa di madre inuit) e il primo ministro Justin Trudeau il 27 luglio a Quebec, Bergoglio incontrerà le popolazioni indigene lunedì 25 luglio a Maskwacis e a Edmonton, quindi il 27 e 29 luglio sempre a Quebec, e ancora alcuni alunni delle ex scuole residenziali il 29 luglio a Iqaluit. Non mancheranno, durante il viaggio, riferimenti alla cura del creato e ai mutamenti climatici – martedì 26 luglio nel pellegrinaggio al ‘Lac Ste. Anne’ ci sarà una vera e propria “benedizione del lago” – e sullo sfondo anche alla guerra in Ucraina, vista tra l’altro l’ampia comunità di profughi presenti in Canada.

Un viaggio lungo, con un fuso orario impegnativo (otto ore a Edmonton, sei ore a Quebec e Iqaluit) quello che si prospetta per Bergoglio, reduce dalla rinuncia al viaggio in Congo e in Sud Sudan per il dolore al ginocchio che lo perseguita da mesi. Anche l’itinerario e le tappe sono stati adeguati di conseguenza perché, ovviamente, l’85/enne Pontefice non può andare dappertutto. E gli indiani del British Columbia e del Saskatechewan, ad esempio, non hanno mancato di esprimere il loro disappunto.

Per quanto riguarda la salute del Papa e quello che lui potrà fare, ha detto oggi in un briefing il portavoce vaticano Matteo Bruni, “le cose si vedranno momento per momento”. Potrebbe essere utilizzata nuovamente anche la sedia a rotelle, mentre una soluzione va trovata per la conferenza stampa finale in volo, che sicuramente ci sarà, ma magari con una durata che non metta troppo alla prova il Pontefice.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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