Biennale architettura, per l’Italia un team di trentenni

I cinque soci fondatori di Fosbury Architecture, Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) e Veronica Caprino (1988). (Dal profilo Instagram)
I cinque soci fondatori di Fosbury Architecture, Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) e Veronica Caprino (1988). (Dal profilo Instagram)

ROMA. – Un collettivo di trentenni alla guida del padiglione Italia. E’ la bella novità che si annuncia per la Biennale Architettura che si terrà nel 2023, a Venezia, curata da Lesley Lokko. Voluti dal ministro della Cultura Dario Franceschini, che li ha scelti nella terna finale proposta dal dg Onofrio Cutaia, i cinque architetti di Fosbury Architecture, team milanese fondato nel 2013 con un nome ispirato al campione olimpico che rivoluzionò la tecnica del salto in alto, hanno come primo tratto distintivo una data di nascita collocata sul finire degli anni ’80, quella in fondo più giusta, fa notare il ministro Pd, per contribuire ad una mostra che ha scelto di concentrarsi proprio sulle sfide del futuro, o meglio sul Laboratorio del futuro, come indica il titolo immaginato dall’architetta anglo africana che guiderà quest’edizione.

“Lavoreremo con il massimo impegno, consapevoli del valore che questa nomina rappresenta soprattutto per le giovani generazioni”, assicurano ora entusiasti dal loro profilo instagram i cinque soci fondatori del team, Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) e Veronica Caprino (1988) che postano una foto di gruppo piena di soddisfazione e sorrisi, giustamente fieri di un traguardo raggiunto a dispetto di soli 10 anni di attività professionale.

Nella gara ad inviti lanciata qualche mese fa la direzione generale Creatività Contemporanea del ministero della Cultura, diretta da Cutaia, che del Padiglione Italia è anche commissario, aveva chiesto di affrontare i temi più attuali e urgenti della società di oggi, esplorandoli attraverso la trasversalità e l’interdisciplinarietà proprie dei linguaggi dell’architettura contemporanea e offrendo una significativa selezione di esperienze e ricerche italiane dall’approccio innovativo e sperimentale.

Evidentemente il loro progetto ha fatto breccia, tanto più che sulla trasversalità e sulla pluralità di approcci si basa anche il loro scegliere di stare insieme. Non uno studio in senso tradizionale, spiegavano tempo fa in un’intervista, piuttosto un think thank, un luogo di incontro collettivo, uno spazio in cui “al di là delle nostre occupazioni personali, possiamo tornare a ripensare la città”.

In questi 10 anni i Fosbury hanno lavorato soprattutto nel campo degli allestimenti e della curatela delle mostre, raccogliendo premi e menzioni, come nel 2019 per Verde Prato al Centro Pecci (Premio TYoung 2021) o come nel 2018 per la pubblicazione di “Incompiuto, La Nascita di uno Stile”, un progetto condiviso con il collettivo Alterazioni Video che è stato poi premiato dal Compasso d’Oro nel 2020.

“In passato la carriera dell’architetto consisteva nella costruzione, nel fare concorsi e potenzialmente nell’insegnamento – spiegavano sempre loro – Oggi noi proviamo a esplorare le vie laterali della pratica e a capire in che modo si interseca con i diversi ambiti della cultura e dell’educazione”.

Nel loro curriculum c’è la curatela della mostra monografica “Characters” a Vienna, nella Galleria Magazin, e quella di Milano 2030 alla Triennale di Milano (2019). Tante anche le partecipazioni alle Biennali di Architettura nazionali e internazionali, da Lisbona (2019) a Versailles (2019) da Chicago (2017) a Venezia (2016). Un lavoro messo in luce anche in diverse esposizioni collettive come Take Your Seat, promossa dall’ADI Design Museum di Milano, o The State of the Art of Architecture, organizzata dalla Triennale. E ancora Re-Constructivist Architecture alla RIBA Gallery di Londra, Adhocracy all’Onassis Center di Atene, Mean Home alla British School di Roma. Progetti, disegni, installazioni, che tengono conto anche dei mutamenti della comunicazione nell’era dei social e di un modo di raccontare i loro lavori a prova di Instagram. Il futuro passa pure da qui.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)

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