Botte per 20 anni dal marito, sparite con la prescrizione

Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario nell'aula magna del tribunale
Cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario nell'aula magna del tribunale, 22 Gennaio 2022. ANSA/MATTEO CORNER

TORINO. – Denuncia più volte il marito per due decenni di soprusi e di angherie ma il processo si interrompe all’improvviso quando non è arrivato neanche a metà strada: tutto prescritto. Una storia di giustizia impossibile che si è svolta al tribunale di Ivrea (Torino), dove il caso è approdato nel 2021, a sei anni dall’apertura dell’indagine, e dove ieri, nel corso di un’udienza dedicata in teoria alla sfilata dei testimoni, il giudice ha preso atto del troppo tempo trascorso e ha decretato lo stop.

Almeno tre gli elementi entrati in gioco. Il primo, come spiega l’avvocato di parte civile, Sonia Maria Cocca, è che al momento della denunce, nel 2014 e 2015, non era in vigore il ‘Codice Rosso’, il complesso di norme a salvaguardia delle vittime di maltrattamenti in famiglia: un caso come quello della donna, per esempio, non poteva essere considerato “prioritario”. Il secondo è che per il calcolo della prescrizione è stato necessario applicare i criteri precedenti alla riforma del 2017. Il terzo è la situazione degli uffici giudiziari di Ivrea, che il procuratore capo, Gabriella Viglione, definisce “drammatica” per la scarsità di personale e la quantità di fascicoli.

Nel lungo capo d’accusa a carico dell’imputato, un italiano oggi 57enne, si legge di botte e umiliazioni risalenti al 1993, l’anno del matrimonio. Con il tempo la situazione peggiorò: lui, descritto come “aggressivo, prevaricatore, morbosamente geloso”, le impediva di lavorare e persino di “vestirsi a suo gusto”. Nel 2010 la donna tentò il suicidio con gli antidepressivi e, in ospedale, si sentì dire dal marito “peccato, dovevi prenderne di più”. Nel 2015, dopo la fine della convivenza, lui passò alle persecuzioni telefoniche, ai pedinamenti; una volta le prese il cellulare dicendo “se lo rivuoi giura su tuo figlio morto che verrai a letto con me”.

Nessuna di queste accuse è stata verificata. L’avvocato difensore, Pierpaolo Chiorazzo, osserva che “il giudice ha rispettato i principi del giusto processo, che impone la celebrazione in tempi ragionevoli a prescindere dalle eventuali responsabilità del mio assistito”. “Con il ‘Codice Rosso’ – sottolinea l’avvocata Cocca – non sarebbe successo. Oggi con quello strumento le donne sono più tutelate”.

All’epoca l’imputato non fu arrestato né sottoposto a misure restrittive. “Al tempo delle denunce – ricorda la donna – ho avuto molta paura. Non mi sentivo protetta”. La procura di Ivrea è la seconda del Piemonte per estensione della competenza territoriale ma vi operano solo 5 pubblici ministeri sui nove previsti.

“Abbiamo 17mila fascicoli senza contare quelli a carico di ignoti – afferma Viglione – e questo significa che ad ognuno ne toccano in media più di tremila a differenza delle poche centinaia dei colleghi di altre sedi. Siamo sotto organico con i viceprocuratori onorari, con la polizia giudiziaria, con la polizia amministrativa. C’è da stupirsi non quando un caso va in prescrizione, ma quando non ci va”.

(di Mauro Barletta/ANSA)

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