Danni da clima, alla Cop27 battaglia dei paesi poveri

Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. (ANSA)
Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. Archivio. (ANSA)

ROMA.  – Quelli che vediamo nelle Marche oggi, sono i tipici danni del riscaldamento globale. Nei documenti dell’Onu, li chiamano “loss and damage”, perdite e danni. In concreto, vogliono dire persone morte, case, beni e infrastrutture distrutte o danneggiate, a causa di eventi meteo eccezionali.

In un paese ricco come l’Italia, sono cose gravissime. Ma nei paesi più poveri del mondo, sono disastri epocali, sciagure che sprofondano nella miseria le popolazioni per decenni.

Alla prossima conferenza dell’Onu sul clima, la Cop27 di Sharm el-Sheikh in Egitto, dal 6 al 18 novembre, i “loss and damage” saranno probabilmente il tema più caldo. Un vero terreno di scontro fra paesi ricchi e paesi poveri. L’Egitto, che organizza la conferenza, intende porsi alla testa degli stati meno sviluppati, per chiedere a quelli più avanzati di mettere mano al portafoglio e creare una “Struttura finanziaria per le perdite e i danni” (Loss and Damage Finance Facility). In parole povere, un fondo per aiutare i paesi poveri che hanno súbito danni dal cambiamento climatico.

Detta così, sembra una cosa semplice. Ma non lo è affatto. Tanto è vero che, nonostante se ne parli da anni alle Cop, non è mai stata fatta. I paesi più sviluppati non hanno nessuna fretta di tirare fuori soldi per quelli più arretrati. Dal 2015, non è stato ancora avviato il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i paesi poveri a decarbonizzare, previsto dall’Accordo di Parigi sul clima. Figurarsi il fondo per i loss and damage, che è ancora al livello di impegni generici sui documenti ufficiali.

Il problema è che i danni del riscaldamento globale diventano sempre più gravi ed evidenti. Sono un problema per i paesi ricchi, come si è visto questa estate in Italia per la siccità, e come si vede oggi nelle Marche. Ma per i paesi poveri, sono una questione di vita o di morte. Ci sono paesi dove la siccità distrugge i raccolti e uccide per fame, dove cicloni e alluvioni annegano le persone e condannano alla miseria i superstiti. Per non parlare delle zone costiere e delle isole, che rischiano di rimanere sommerse per l’innalzamento dei mari.

I paesi meno sviluppati, riuniti nel gruppo G77+Cina (che comprende in realtà 134 stati) alla Cop26 di Glasgow l’anno scorso hanno sostenuto la creazione della “Loss and Damage Finance Facility”. E quest’anno, alla Cop27 di Sharm, intendono dare battaglia su questo tema, capitanati dalla presidenza egiziana. I paesi più ricchi (quelli che dovrebbero mettere i soldi) sostengono che la creazione di questa struttura sia ancora prematura. Prima a loro avviso bisogna definire per quali perdite e danni per si deve intervenire: se solo per gli evento meteo eccezionali (cicloni, alluvioni) o anche per fenomeni di più lungo periodo (innalzamento dei mari, desertificazione).

I paesi ricchi del G20, più che a sborsare soldi per quelli meno sviluppati, a Sharm sembrano più interessati a trovare un modo per conciliare i loro impegni di decarbonizzazione con le loro esigenze di crescita, in un contesto di crisi energetica e di spaccatura del mondo in due blocchi. Ma il cambiamento climatico intanto non si ferma. Nelle Marche come in Pakistan, in California come in Sudan,