Affondo di Letta su leader FdI: “Ha logica autarchica”

Giorgia Meloni interviene nel programma Porta a porta". Sullo sfondo l'immagine di Enrico Letta.
Giorgia Meloni interviene nel programma Porta a porta". Sullo sfondo l'immagine di Enrico Letta. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

ROMA. – Per rispondere a Giorgia Meloni, Enrico Letta ha usato una definizione allusiva: “autarchica”. Però lo scontro è stato sulle bollette e sulle prospettive dell’Italia in Unione europea, non su suggestioni di carattere strettamente storico.

La leader di FdI ha definito “poco edificante” il viaggio che il segretario Pd ha fatto in Germania, dove ha incontrato il cancelliere Olaf Scholz e lo stato maggiore della Spd. Se è andato “a barattare l’interesse nazionale in cambio del suo, lo trovo grave – ha detto Meloni – Che un segretario debba andare a farsi mettere la mano sulla spalla è un segnale di enorme debolezza”.

Dietro allo scambio ci sono anche gli strascichi delle accuse lanciate a Berlino dall’Spd a FdI, definita “partito post fascista”. E, soprattutto, lo scontro sull’Europa. “Meloni ha reagito totalmente sopra le righe – ha detto Letta – Sono andato a Berlino per aiutare l’Italia sulle bollette, la cui soluzione va condivisa con gli altri. Le proposte e le soluzioni autarchiche e completamente provinciali della destra di Meloni non sono quelle giuste”.

Ecco la definizione, appunto: autarchica. “Dicono che io sono autarchica? – gli ha risposto la presidente di FdI – Ma io dico che l’Europa non controlla più niente, non controlla le catene delle materie prime, i regimi si sono rafforzati e i Paesi si sono indeboliti. I Paesi difendono i loro interessi, anche l’Italia dovrebbe farlo”.

Letta è andato in Germania anche in vista del consiglio europeo di fine settembre sull’energia. Ma il viaggio tedesco del segretario Pd è stato criticato non solo da destra. “Ha fatto un errore – ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda – non si va all’estero a prendere la benedizione di un altro partito che è di un’altra nazione”.

E anche per l’altro braccio del terzo polo, Matteo Renzi, “certi endorsement possono essere controproducenti”. Mentre Conte ha marcato le differenze: “Io sono l’unico che non è andato all’estero a cercare raccomandazioni. Meloni si è premurata di accreditarsi a Washington ed Enrico Letta ha cercato l’endorsement da Scholz e dagli amici tedeschi”.

Che poi tutto questo è un altro modo di leggere le posizioni dei vari schieramenti a livello internazionale. Anche Meloni non è sfuggita all’evocazione. E all’ennesima domanda sull’Ungheria e il suo presidente Viktor Orban ha risposto: “Sono in campagna elettorale in Italia. Quando viene qui Letta non gli chiedete di Cuba”.

Il giorno dopo Berlino, Enrico Letta è andato in Campania per il tour elettorale. Nel Mezzogiorno sono concentrati molti dei collegi che il Pd ritiene contendibili. A Pompei, le parole d’ordine del segretario Pd sono state “cultura, cultura, cultura”. E poi “lavoro, lavoro, lavoro”. Letta si è mostrato ottimista. “Da domenica a Monza abbiamo cambiato passo con la campagna elettorale – ha detto – Vinceremo le elezioni stando sul territorio e lanciando messaggi positivi sul futuro del Paese”.

C’è un dato su cui i dem sono al lavoro: “Tutti i sondaggi dicono che gli indecisi sono al 40-45% – ha ricordato il segretario del Pd – Le elezioni si vincono convincendo le persone che noi abbiamo un’idea di Paese per i prossimi cinque anni”. E qua torna il viaggio tedesco e la polemica con Meloni che, nei giorni scorsi, ha messo sul tavolo la questione della sovranità, del bisogno “di organizzare meglio la difesa dell’interesse nazionale in una dinamica europea”.

Per Letta, con le reazioni alla sua visita a Berlino “si è capito bene che ci sono due idee di Italia diverse, un’Italia come quella di Draghi che a Bruxelles conta e un’Italia che in Europa protesta, che è sostanzialmente quella che propone Giorgia Meloni. Due idee di Italia diverse. Noi dobbiamo essere molto forti e chiari”.

(Di Giampaolo Grassi/ANSA)