Il Pil meglio delle attese nel 2021, ma “ora mesi duri”

Operai in industria metalmeccanica
Operai in industria metalmeccanica. (ANSA)

ROMA.  – Il 2021 si è chiuso meglio del previsto per l’economia italiana e il 2022 sarà un anno ancora di crescita, nonostante il rallentamento ormai scontato e le nubi all’orizzonte per il 2023.

La vera frenata arriverà con ogni probabilità proprio il prossimo anno, sicuramente nei mesi invernali, “mesi duri” per tutta l’Europa, li ha definiti il commissario europeo Paolo Gentiloni, nei quali l’emergenza energetica si farà sentire in tutta la sua intensità.

Dalla crisi scatenata dalla pandemia, l’economia italiana ha recuperato progressivamente vigore. Dopo il crollo del 2020 a -9%, il 2021 si è chiuso con un netto rimbalzo del Pil del 6,7%.

Un dato che oggi l’Istat ha rivisto leggermente al rialzo rispetto alle stime di primavera che indicavano una crescita del 6,6%. L’industria, e in particolare le costruzioni, hanno trainato la crescita, spinta anche da una netta ripresa dei consumi dopo le restrizioni dovute al Covid.

I conti pubblici non hanno riservato particolari sorprese: come già indicato dall’Istituto di statistica, il deficit si è ridotto al 7,2% del Pil rispetto al 9,5% del 2020, mentre il debito si è portato al 150,3% (in questo caso con un lievissimo ritocco al ribasso di 0,1 punti percentuali) dal picco del 154,9% dell’anno in cui la spesa pubblica non ha avuto freni per compensare le conseguenze del lungo periodo di lockdown.

Sarà ora la Nadef la prossima settimana a fornire le indicazioni aggiornate della situazione macroeconomica. Il governo Draghi si appresta a presentare al Parlamento la Nota di aggiornamento con il solo quadro tendenziale a legislazione vigente, quello cioè che per il prossimo e per gli anni a venire non ingloba gli effetti della manovra di bilancio, demandata all’esecutivo che uscirà dalle elezioni di domenica.

Il Pil dovrebbe attestarsi su una crescita del 3,3% quest’anno, frenando poi – ma appunto senza tenere conto delle misure di politica economica che potranno essere messe in campo – abbondantemente sotto l’1% nel 2022. Probabilmente l’asticella  sarà vicina allo 0,5-0,7%. Molto più bassa dunque del 2,3% indicato ad aprile nel Def.

Anche guardando alla sola stima per quest’anno si intuisce del resto come la crescita stia scemando. Pur essendo superiore al +3,1% previsto in primavera, il +3,3% che dovrebbe essere inserito nella Nadef è infatti inferiore alla crescita acquisita che, in base ai dati del secondo trimestre, l’Istat stima al 3,5%. Il che significa che nella seconda parte dell’anno, e più probabilmente negli ultimi tre mesi viste le recenti rassicurazioni di Daniele Franco sul periodo estivo, il governo prevede un calo del Pil.

Intervenire per invertire la rotta toccherà alla coalizione che uscirà vincitrice dalla tornata elettorale. Il compito non sarà semplice. Da una parte ci sono le esigenze di famiglie e imprese, alle prese con i maxi-rincari delle bollette, delle materie prime e del costo della vita, dall’altra ci sono le regole di finanza pubblica e, soprattutto, il giudizio dei mercati.

Nelle parole di Gentiloni l’Ue lascia intravedere una certa flessibilità, con la possibilità di “adattare le regole di bilancio alle sfide economiche e geopolitiche comuni”. Ma allargare lo spazio in deficit e spingere ancora sulla leva del debito pubblico potrebbe far rischiare all’Italia di perderé appeal tra gli investitori. Soprattutto ora che la política monetaria della Bce ha cominciato a virare e che i tassi di interesse sui titoli di Stato stanno rapidamente aumentando.

(di Mila Onder/ANSA).

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