Analisi Venezuela – La politica, pragmatica e cinica, tra petrolio e diritti umani

La repressione in Venezuela

La politica è pragmatismo. Lo è in particolare quando sono in gioco interessi economici, equilibri regionali e aree d’influenza. Detto ciò, non devono sorprendere l’interesse e le preoccupazioni  che desta l’invasione russa dell’Ucraina, né le acrobazie della diplomazia per giustificare decisioni difficilmente giustificabili come, per esempio, il riavvicinamento a governi considerati fino a ieri “paria” o “criminali”. Neanche deve meravigliare più di tanto l’accoglienza riservata ai profughi che scappano dalla guerra ai confini dell’Europa e l’intolleranza, quando non il disprezzo, che si manifesta nei confronti di coloro che, profughi anch’essi, provengono da paesi lontani dell’Africa e hanno la pelle scura. Eppure, gli uni e gli altri, vivono la stessa tragedia.

L’invasione dell’Ucraina ha fatto dimenticare i conflitti che dilaniano il Burkina Faso, l’Etiopia, lo Yemen, la Nigeria o il Sudan solo per nominare alcuni paesi il cui nome, oggi, è solo un’eco lontana. In un batter d’occhio, l’Afghanistan e la Siria, ma anche la vicina Libia, sono scomparsi di scena. Il loro posto è stato occupato dalla tragedia che vive l’Ucraina, dove sono in gioco gli equilibri europei. La diplomazia si scontra contro le pretese espansioniste. Preoccupano lo spettro della recessione, provocata dalla crisi energetica a causa della decisione russa di chiudere i rubinetti dei gasdotti; la crescita dell’inflazione, per l’aumento speculativo della bolletta energetica; e il deterioramento della qualità di vita di tutti.

Una foto polemica: il momento del saluto tra Mohammed bin Salman e il presidente Joe Biden

Il pericolo di una nuova depressione economica, dagli effetti devastanti sul mercato del lavoro e sui consumatori, ha obbligato il presidente nordamericano, Joe Biden, a recarsi in Arabia Saudita, che aveva definito “Stato paria”. E a salutare, anche se con un “fist bump” invece di un’imbarazzante stretta di mano, il principe ereditario, Mohammed bin Salman, accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi. Il petrolio ha convinto la Casa Bianca che un riavvicinamento era un sacrificio necessario.

Neanche devono sorprendere gli incontri sostenuti prima dal ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, e poi dal numero due dell’Unione Europea, Josep Borrell, con il responsabile della diplomazia venezuelana, Carlos Faria. Sono stati colloqui riservati, al margine della Conferenza Annuale dell’Onu nel corso della quale è stato presentato un rapporto in cui si denunciano i “delitti di Stato” commessi in Venezuela.

L’Onu, con un dossier ben articolato e assai dettagliato, ha messo il governo del presidente Maduro alle corde e denunciato, presentando prove irrefutabili corredate da testimonianze, “l’impiego dei servizi segreti per reprimere la dissidenza”.

Marta Valiñas, responsabile della “Missione” dell’Onu ha affermato che dall’indagine condotta sono emersi “gravi crimini e violazioni dei Diritti Umani, comprese torture e violenze sessuali”.

La politica è pragmatismo; “l’arte del possibile, la scienza del relativo” la definì Otto von Bismark. O, come disse John Kenneth Galbraith, “consiste nello scegliere fra il disastroso e lo sgradevole”. La Casa Bianca e l’Europa, oggi, si trovano a un bivio. Si chiedono, vogliamo pensare che con profondo rammarico, se sia più disastroso privilegiare il petrolio sui Diritti Umani o viceversa. Nessuna sorpresa, quindi, se prossimamente si assisterà a un allentamento delle sanzioni al Venezuela o a favori concessi all’Arabia Saudita a cambio di petrolio.

La politica oltre ad essere pragmatica  è anche cinica. Così, le vite umane possono trasformarsi in merce di scambio. La storia, a volte, si ripete. La memoria ci porta indietro nel tempo quando, negli anni ’50, il fondatore del nostro Giornale denunciò la morte di 7 umili emigranti siciliani, sacrificati per salvare un’enorme commessa assegnata all’Innocenti.

Mauro Bafile

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