Cop27: battaglia su ristori e tecnologia Paesi poveri

Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. (ANSA)
Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. Archivio. (ANSA)

ROMA. – Alla conferenza annuale sul clima dell’Onu, la Cop27 di Sharm el-Sheikh, dal 6 al 18 novembre, si va preparando lo scontro più antico del mondo: quello fra ricchi e poveri. In questo caso, fra i paesi più sviluppati e quelli meno.

I terreni di scontro saranno soprattutto due: il trasferimento delle tecnologie per l’adattamento al riscaldamento globale, e i ristori per le perdite e i danni causati da questo.

Il tutto in un clima mondiale avvelenato dalla crescente rivalità fra le superpotenze, fra crisi energetica, guerra in Ucraina e tensioni su Taiwan. Il che non fa sperare neppure in un accordo fra i paesi più ricchi, per azioni ambiziose contro il cambiamento climatico.

Con una conferenza stampa è stata presentata la Cop27. Una conferenza virtuale, su Microsoft Teams, come usa ormai nel mondo globalizzato e post-pandemia. Il rappresentante speciale della presidenza egiziana della Cop27, l’ambasciatore Wael Aboulmagd, ha risposto alle domande di 200 giornalisti collegati da tutto il mondo.
“Abbiamo passato sei anni dopo Parigi a preparare documenti – ha detto Aboulmagd – Ora è il momento dell’azione. Ladevastazione del riscaldamento globale è enorme. Il 9% dei morti al mondo è legato al clima, ci sono danni per 30 miliardi all’anno. Ora è il momento di attuare l’Accordo di Parigi e i suoi impegni”.

Le sfide sono enormi. “Dobbiamo tagliare drasticamente le emissioni di gas serra – ha spiegato l’ambasciatore egiziano -, aggiornare gli Ndc (National Determined Contributions, gli impegni dei singoli stati per la decarbonizzazione, n.d.r.), sviluppare le partnership fra gli stati”. E ancora: “Dobbiamo lavorare sull’adattamento al cambiamento climatico, trovare soluzioni per il trasferimento delle tecnologie necessarie ai paesi meno sviluppati”.

E qui si arriva al punto dolente: “É importante stabilire chi pagherà per questo. Bisogna incoraggiare il settore privato a intervenire”, ma anche “raddoppiare i fondi pubblici per l’adattamento”. Il problema è che chi ha i fondi, cioè i paesi ricchi, finora ha aperto ben poco i cordoni della borsa. “Siamo consapevoli che sulla finanza per il clima ci sono forti gap” fra quello che è stato fatto e quello che si doveva fare, ha ammesso Aboulmagd.

I paesi ricchi non tirano fuori i soldi per prevenire i danni del riscaldamento globale, ma neppure per ristorarli quando ci sono stati. Sono i cosidetti “loss and damage”, cioè le perdite e i danni. I paesi poveri chiedono da anni un fondo speciale, ma mi ricchi finora hanno fatto orecchie da mercante: “E’ triste che la questione sia così in ritardo”, ha ammesso Aboulmagd.

A Sharm el-Sheikh gli stati meno sviluppati sono intenzionati a dare battaglia: “Ci focalizzeremo sul tema dei loss and damage – ha spiegato l’ambasciatore egiziano -, per dare sostegno finanziario ai paesi in grave bisogno. Nessuno nega che si debba intervenire. Il problema è come. Ci sono trattative in corso, sono relativamente ottimista”.

Certo il clima internazionale non aiuta. “La guerra in Ucraina avrà sicuramente un impatto sulla Cop – ha detto Aboulmagd -. Inviatiamo tutti a non usare questa come un pretesto per tornare indietro. Occorre accelerare, non rallentare. Tutti devono mostrare ambizione e leadership”. In particolare “invitiamo Cina e Stati Uniti ad andare avanti”.

Ma la Cop27 non riguarderà solo gli stati (il 7 e l’8 novembre ci sarà il vertice dei capi di stato e di governo): “Daremo spazio di discussione alla società civile – ha concluso il rappresentante egiziano – alle ong, alle comunità, agli attivisti, al genere”.
(di Stefano Secondino/ANSA).

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