«Ma perchè scomodare Freud per interpretare le Sacre Scritture?»


UDINE – Come fa uno studioso del Cristianesimo, autore di qualificati saggi scientifici, a scrivere anche libri gialli? Edmondo Lupieri sorride disarmante: «Ma la storia è tutta un giallo», risponde. «La storia religiosa, poi, fornisce una infinità di spunti. Ed è proprio un thriller religioso quello che abbiamo scritto recentemente mia moglie ed io».


In Italia li chiamano «la coppia in giallo» perché sono gli unici coniugi a lavorare in tandem in questo campo: lui, friulano, è docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese all’Università di Udine; lei, americana di Los Angeles, è laureata in Lingue all’Università Statale di San Francisco e fa l’insegnante. Vivono a Udine, dove hanno ambientato un primo giallo di successo intitolato «Nel segno del sangue» e pubblicato l’anno scorso: un giallo classico che si sviluppa tra ricchi emigrati, che ritornano a volte carichi di progetti faraonici, e i misteri che spesso avvolgono le università italiane.


Il nuovo libro, intitolato «Il patto», è di altra stoffa. Il sottotitolo, «Un thriller religioso» appunto, lo chiarisce ed è la storia di un ricercatore di genetica al quale viene commissionata la clonazione addirittura di Gesù attraverso un filo macchiato del Suo sangue e trafugato dalla Sindone. Colpi di scena, sette sataniche, multinazionali spregiudicate, un ritmo incalzante tengono il lettore avvinto fino all’ultima pagina. Ma non è questo che si richiede a un giallo? Questo, e poi un robusto retroterra scientifico. Che c’è perché Edmondo Lupieri, lo si è detto, se si mette a scrivere un thriller religioso lo fa conoscendo bene le religioni e le loro deviazioni. Insomma, non ci troviamo di fronte alle trovate sensazionalistiche, e spesso improbabili, che hanno fatto la fortuna editoriale ed economica di molti giallisti. Anche recentemente.


Ma in questi giorni Lupieri sta facendo parlare di sé anche per una serie di conferenze in cui smonta (lui dice «metto in discussione») alcune interpretazioni psicoanalitiche dell’»Apocalisse» di Giovanni. Non è solo materia per specialisti, perché gli uomini hanno sempre sentito il bisogno di capire cosa nascondono le allegorie delle Sacre Scritture. Le quali sono state spesso interpretate a seconda delle mode culturali e delle esigenze del momento. «Ora», spiega Lupieri, «si cerca di interpretare ogni passo di questi testi con la psicoanalisi di Freud e dei suoi allievi, e non sempre si fa centro».


Anche in questo campo Lupieri non è l’ultimo arrivato: oltre ad approfondire costantemente la materia come docente universitario, ha curato proprio il «Commento all’Apocalisse di Giovanni» per la Collana «Scrittori greci e latini» della Fondazione Valla. Ed è con questo bagaglio di conoscenze che spiega le sue tesi.


Cominciamo dall’inizio, allora. L’»Apocalisse» è il libro posto tradizionalmente per ultimo tra gli scritti del Nuovo Testamento. Racconta per simboli e allegorie il conflitto finale tra il male e il bene, a cui seguirà la vittoria definitiva di Dio che si compirà con il ritorno di Gesù Cristo sulla Terra. Autore del libro è un Giovanni, spesso identificato con l’evangelista.


Attraverso i secoli gli uomini hanno sempre cercato di interpretare quel testo a volte riuscendoci a volte no. Da un secolo a questa parte, si diceva, hanno messo in campo anche la psicoanalisi, e sono stati pubblicati numerosi libri sull’argomento. «Alcune di queste interpretazioni sono suggestive», dice Lupieri, «altre lasciano perplessi».



Per esempio, professore?


«Ad un certo punto dell’’Apocalisse’, per esempio, c’è scritto che Giovanni inghiotte un rotolo che contiene la parola Dio. A quei tempi non esistevano i libri come li intendiamo noi: si scriveva su lunghe superfici di pergamena che poi venivano riposte arrotolandole. Probabilmente significa che Giovanni, come anche altri profeti, si nutriva del contenuto di quei testi, ma alcuni psicoanalisti freudiani, come David J. Halperin, ci vedono un chiaro riferimento al sesso orale, dalla forma del rotolo appunto, e ne deducono che in gioventù quei profeti hanno subito violenza orale e poi ne hanno sublimato l’immagine. Un po’ tirata come conclusione, soprattutto se si pensa che nella Bibbia quei rotoli sono sempre aperti, e quindi srotolati. Voglio dire che hanno ben poco di fallico, non le pare? Come tirata è l’interpretazione dell’agnello anch’esso considerato un simbolo fallico…».


L’agnello come simbolo fallico?


«Sì. È il tedesco Hartmut Raguse che lo dice in un libro in cui interpreta l’’Apocalisse’ in chiave psicoanalitica. Sempre secondo Raguse, simbolo fallico è pure il trono. Mi riesce difficile capire, lo riconosco, e mi domando a questo punto quale interpretazione dare all’agnello che sale sul trono…»


Ma la psicoanalisi non può essere uno dei metodi per interpretare le tante allegorie dell’»Apocalisse»? Sono così complesse che da qualche parte bisogna pur cominciare…


«È vero, ma non si deve commettere l’errore di voler capire tutto. E comunque non si può farlo con il bagaglio culturale che abbiamo oggi, nel terzo millennio. Per capire l’umanità di duemila anni fa si devono abbandonare le nostre certezze scientifiche. A quel tempo, per esempio, si era convinti che la Terra fosse al centro dell’universo e che le stelle fossero angeli. Oggi tutto ciò è superato. Dopo il Diluvio, ed eccole un altro esempio, ci si pose il problema di capire come avevano fatto gli elefanti ad essere presenti su isole, magari separate da un largo tratto di oceano. Sa come rispondeva Sant’Agostino? Che erano stati gli angeli a portarli da una parte e dall’altra. Oggi spieghiamo il fenomeno con la deriva delle terre e che gli elefanti erano presenti in un unico continente che poi si è diviso. Io dico che l’interpretazione della Scrittura deve partire da uno sforzo: quello di pensare come pensavano gli uomini duemila anni fa».



E quali altri esempi ancora?


«Quando fu scritta l’’Apocalisse’ c’era una società patriarcale, androcentrica, maschilistica, che era accettata anche dalle donne. Ora, se si legge l’’Apocalisse’ in chiave femministica, come fa per esempio Tina Pippin, nel testo si troveranno solo madri, mogli e prostitute, in genere silenziose a sottomesse a personaggi maschili, che determinano anche i modelli di comportamento. Ma questo, converrà, ha valore per una donna credente di oggi, non disposta ad accettare l’ideologia patriarcale veicolata dal testo; lo è di meno per chi voglia capire che cosa passava effettivamente per la testa dell’autore. E comunque, per uscire dall’ambito strettamente scientifico, oggi si trova di tutto sul ‘mercato’ dell’interpretazione biblica, anche le letture ufologiche. E qui il discorso si complica perché non ci troviamo di fronte all’interpretazione di uno studioso, ma a ciò che viene creduto talvolta da interi gruppi religiosi».



Intende quello dei Raeliani?


«Sì, proprio i Raeliani»


A questo punto, professore, mi faccia spendere qualche parola perché i nostri lettori capiscano di cosa parliamo. La setta è stata fondata da Claude Vorilhon, un giornalista francese che dice di aver incontrato un extraterrestre il quale gli avrebbe rivelato «la verità» sull’Antico e sul Nuovo Testamento. Che sarebbe questa: molti anni fa extraterrestri simili agli uomini hanno imparato a creare la vita in laboratorio; una parte degli abitanti del loro pianeta si è scandalizzata per la scoperta e ha costretto gli scienziati a proseguire le loro esperienze su un pianeta lontano, la Terra. Qui gli Elohim (cioè «coloro che sono venuti dal Cielo», secondo le parole della Bibbia) crearono gli uomini per clonazione a loro immagine e somiglianza. Senza stare qui a raccontare tutta la storia del mondo secondo la versione di Vorilhon, che nel frattempo ha preso il nome di Rael, diciamo che gli Elohim del pianeta originale, per non perdere contatti con l’umanità, le hanno mandato via via dei messaggeri: Mosè, Gesù, Buddha, Maometto ed altri. È esatto fin qui, professore?


«In linea di massima sì. La continuazione della storia è che l’obiettivo dei Raeliani, che sono numerosi e hanno stabilito la loro base nel Canada francese, è di prepararsi alla venuta degli extraterrestri, prevista per il 2035, e per questo intendono creare un’ambasciata che li accolga. Ma il nucleo centrale della storia raccontata da Rael è che l’umanità è nata dal congiungimento tra alcuni Elohim con delle terrestri da essi stessi clonate. Come dire che la divinità creatrice – anche se gli Elhoim dei Raeliani non sono vere divinità, ma entità a noi superiori per la loro tecnologia avanzata – ha preso contatto con gli uomini. E che questo genere di contatto non sia tuttora disdegnato da questa religione lo dimostra il fatto che di recente è stato creato un apposito ordine femminile. Le elette di questo ordine hanno lo scopo di prendersi cura affettivamente e sessualmente degli Elhoim, quando verranno sulla Terra, e dei loro profeti prima della loro venuta. Siccome per il momento non ce ne sono altri in giro, il destinatario privilegiato di tante attenzioni rimane Rael».



Che credibilità dare a questa setta, professore?


«Diciamo che i Raeliani stanno cercando di interpretare in chiave ufologica l’intera storia dell’umanità. Non è una novità che alcuni vedano in Gesù un extraterrestre mandato a compiere una certa missione, completata la quale è stato trasportato sul suo pianeta d’origine. La resurrezione di Gesù è interpretata infatti come il suo rientro. La stessa stella che guida i Magi non sarebbe altro che un’astronave, e un’astronave sarebbe il carro di fuoco guidato dagli angeli che nelle Scritture appare spesso in cielo. E potremmo continuare all’infinito. Il problema invece è un altro…».



Quale?


«Che certa ufologia sta diventando una specie di religione che ingloba tutte le altre, quasi un modo per spiegare le varie tradizioni religiose, compresa quella biblica. Dal punto di vista della storia delle religioni, si tratta di un fenomeno molto interessante, anche se con i tratti del déjà-vu: sono due o tremila anni che registriamo i rapporti sessuali delle entità divine, dei e dee, con gli esseri umani. La mitologia ne è piena: pensi alle avventure di Giove, per esempio. O a quelle degli angeli peccatori con «le figlie degli uomini», secondo la Bibbia, e poi dei diavoli con le streghe.


Nel Cristianesimo, il congiungimento lecito con la divinità è estasi, amore mistico, che ahimè alcuni cercano di interpretare con vari strumenti, dalla psicoanalisi all’ufologia, e con risultati a dir poco discutibili. Io prendo in esame questi sforzi per cercare di capire, ma continuo a rimanere della mia opinione: c’è un solo modo per interpretare le Scritture, ed è quello di spogliarsi delle certezze moderne e fare un salto indietro di due o tremila anni per cercare di rileggerle con le cognizioni di quei tempi. La chiave dei misteri sta lì, non su un lettino freudiano o su un’astronave. E nemmeno, temo, tra le braccia di fanciulle incaricate di preparare piacevolmente l’arrivo dei nostri progenitori extraterrestri».