LA SCOPERTA DELL’EMIGRAZIONE


“In Milano, parecchi anni orsono, fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’animo un’impressione di tristezza profonda. Di passaggio alla stazione,


vidi la vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente, invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe precoci, che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore.


Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel fiore della virilità, donne


che traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovinette


tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati a una meta comune.


Erano emigranti…


Partii commosso…


Da quel giorno la mente mi andò spesso a quegli infelici,


e quella scena me ne richiama sempre un’altra non meno desolante,


non veduta, ma intravveduta nelle lettere degli amici


e nelle relazioni dei viaggiatori…


Di fronte a uno stato di cose così lacrimevole,


io mi sono fatto sovente la domanda:


come potervi rimediare?”