Sempre più grave la crisi stituzionale boliviana


LA PAZ, (BOLIVIA).- Decine di migliaia di coltivatori e minatori boliviani hanno marciato nella capitale La Paz ieri nonostante il presidente boliviano Carlos Mesa abbia offerto le sue dimissioni, cercando di mettere fine alla peggiore crisi politica nei 19 mesi del suo governo. Mesa, un politico indipendente con scarso sostegno nel Congresso, ha lottato per restare al potere, dovendo fronteggiare le richieste degli indiani di aumentare il controllo dello stato sulle seconde riserve di gas naturale dell’America Latina e di accordare più indipendenza per le regioni.


– Ho preso la decisione di presentare le dimissioni dalla presidente – ha detto Mesa, alla sua seconda proposta di dimissioni quest’anno .


Il Congresso deve ancora votare se accettare le dimissioni di Mesa, il quale rimarrà in carica fino al voto dei parlamentari. Si era offerto di fare un passo indietro all’inizio dell’anno per disinnescare le polemiche, ma il Parlamento aveva respinto la proposta.


Non è chiaro se le dimissioni di Mesa calmeranno le proteste, che hanno bloccato La Paz e altre città per oltre due settimane, lasciando le pompe di benzina a secco e i negozi alimentari senza rifornimenti.


I leader ecclesiastici stanno cercando di negoziare una fine della crisi, mentre il capo del Congresso, Hormando Vaca Diez, ha sollecitato i manifestanti a porre fine ai blocchi permettendo un dibattito parlamentare senza pressioni interrotto il mese scorso a causa delle proteste.


Le ultime agitazioni sono state provocate dalla nuova legge del Congresso sull’energia, che alza le imposte pagate dalle società straniere che lavorano nell’estrazione di petrolio e gas. I leader indiani accusano la legge di non rispondere alle richieste di dirottare maggiori benefici provenienti dall’energia verso la maggioranza indigena.


La delicata congiuntura politica della Bolivia è tema di discussione in seno alla assemblea dell’Osa, che è in pieno svolgimento negli Stati uniti. Il Venezuela è stato accusato da più paesi (Stati Uniti al primo posto) di sostenere apertamente i dirigenti della protesta. L’accusa è stata smentita dal ministro Alì Rodríguez.


Gli sviluppi della crisi in Bolivia sono seguiti da vicino dalla Farnesina. Lo segnala una nota del ministero degli Esteri italiano.


Nel riaffermare la fiducia del Governo italiano nelle capacità della democrazia boliviana di trovare una via d’uscita pacifica all’attuale momento di lacerazione politico-sociale, il senatore Giampaolo Bettamio, Sottosegretario agli Esteri con delega per l’America latina, ha individuato nell’opera di mediazione condotta dalla Chiesa cattolica una risorsa di fondamentale autorevolezza tra quelle messe in campo dalla società civile boliviana per la riapertura del dialogo con le frange più oltranziste della contestazione.


Il Sottosegretario Bettamio ha auspicato che le forze del dialogo individuino nel più breve tempo una percorso per la ricomposizione dei contrasti che affliggono il Paese. Anche con il positivo apporto delle istanze internazionali che, conclude la nota della Farnesina, sono a vario titolo a cominciare dall’Osa interessate al ripristino della pace sociale in Bolivia e alla preservazione della stabilità nell’area andina.