Battiscafo russo: lieto fine in extremis con l’aiuto britannico


MOSCA

– Solo un raffreddore, dopo 76 ore da incubo a 190 metri di profondità. Sembra incredibile, i sette uomini del batiscafo russo AS-28 incagliato da giovedì nel Pacifico, al largo della penisola di Kamciatka, se la sono cavata con poco. A portar loro la salvezza, in extremis, è stato uno Scorpio-45 della marina britannica, sofisticato minisommergibile teleguidato: il primo ad arrivare tra i mezzi di soccorso stranieri chiamati questa volta in aiuto dai russi, a differenza di quanto era accaduto cinque anni fa nei giorni della tragedia del sommergibile Kursk (118 morti).


Lo Scorpio ha tranciato i cavi e le antenne che bloccavano il batiscafo sul fondo. Reti e cavi di una stazione spia che l’equipaggio dell’AS-28 stava probabilmente riparando al momento dell’incidente. E alla fine il battello russo è potuto risalire in superficie con i propri mezzi .


L’annuncio ufficiale che la delicata operazione di recupero – una corsa contro il tempo, a causa del progressivo esaurirsi dell’ossigeno per i sette membri dell’equipaggio – era stata completata, è stato dato dal viceammiraglio Vladimir Pepelaiev, capo di stato maggiore aggiunto della Marina russa.


– I sette membri dell’equipaggio sono vivi e stanno bene – ha detto Pepelaiev con un sospiro di sollievo. Poi ha aggiunto:


– Oggi e’ un giorno felice e noi ci inchiniamo alla professionalità degli uomini della Marina reale britannica.


Gli ha fatto eco l’ammiraglio Viktor Fiodorov, comandante della Flotta russa del Pacifico: l’alto ufficiale il quale aveva promesso che stavolta “la salvezza degli uomini’’ non sarebbe stata sacrificata a nessuna mania di segretezza, malgrado le esitazioni e le contraddizioni che avevano segnato anche le prime fasi di questa avaria.


Lo Scorpio-45 era giunto nella notte sul posto, nella baia Berezovaia (circa 75 km a sud di Petropavlovsk, capoluogo della remota Kamciatka), portato dalla nave posacavi russa Kil-27: di poco in anticipo su analoghi mezzi messi a disposizione dagli Usa. Si aspettavano ulteriori aiuti dal Giappone che poi si sono rivelati non necessari.


L’operazione di taglio dei cavi da parte del minisommergibile non è stata comunque una passeggiata, sebbene un portavoce della Royal Navy l’abbia definita più tardi con inappuntabile understatement “un intervento relativamente tranquillo, in circostanze difficili’’.


Quando sembrava che tutto procedesse secondo i piani e che i cavi e le reti che mantenevano ancorato sul fondo il batiscafo fossero stati tutti tranciati, il robot era stato costretto a riemergere a causa di un problema tecnico. Poco prima, i sette marinai intrappolati a 190 metri di profondità avevano ricevuto l’ordine di emersione. Ma hanno dovuto attendere ancora prima di riassaporare l’aria aperta.


Riparato il guasto, il minisommergibile telecomandato britannico si è immerso nuovamente e questa volta ha portato a termine il suo lavoro. Proprio durante quest’ultima drammatica fase era arrivato sul posto il ministro della Difesa russo Serghiei Ivanov, inviato personalmente dal presidente Vladimir Putin il quale in seguito ha trasmesso attraverso il dicastero degli Esteri la sua gratitudine alla Gran Bretagna (nonchè agli Usa e al Giappone) per la collaborazione, mentre ha incaricato lo stesso Ivanov di compiere un’indagine approfondita sull’accaduto.


Il ministro della Difesa, che ha definito i superstiti ‘”eroi’’ per il coraggio e la calma dimostrati durante la vicenda, ha intanto accompagnato i sette nel trasbordo verso Petropavlovsk, dove ad accoglierli c’erano i familiari in festa e i medici.


Stanno tutti bene, si è appreso, salvo “qualche sintomo di raffreddamento’’ dovuto ai tre giorni trascorsi negli abissi a 5-10 gradi. Poca cosa, per come sarebbe potuta andare.