Gastronomia della Sardegna


Un po’ di storia


Perno di tutta l’alimentazione sarda tradizionale è il cibo più fragrante e frugale che ci sia: il pane. É considerato espressione di festa e di augurio, si adatta alle diverse circostanze della vita, segue il pastore nelle sue lunghissime assenze da casa, assume fogge e nomi diversi secondo i luoghi e le ricorrenze. C’è il pane a grandi forme rotonde che si taglia a fette e si chiama “pani tunni”, c’è la “pizzuda” barbaricina, una focaccia dalla forma triangolare, il “tanconi”, pane merlettato, lo “zicchi” o pane “scaddatu”, rotondo e schiacciato, privo di mollica. Il più celebre fuori dell’isola è il pane “carasau” ribattezzato con felice espressione “carta da musica”: è il pane inventato dal popolo per accompagnare i pastori nei pascoli. È secco, sottilissimo, leggero, in rotondi fogli sovrapposti e croccanti: riesce a conservarsi inalterato per lungo tempo e si mangia ammorbidito con acqua. Unendolo a fette di formaggio i pastori fanno “i suppas”, oppure il più ricco “pane frattau”, con pomodoro e uova.


Ci sono poi i pani delle occasioni speciali, coi quali si entra nel vivo del più autentico folclore. Il pane e, come elementi complementari, i dolci, seguono il ciclo della vita sottolineandone tutte le tappe più importanti. Raramente si trovano in commercio; sono prodotti che la famiglia riproduce con geloso amore delle usanze antiche. Il pane del giorno del matrimonio viene preparato con particolare estro: quando la pasta è ben gonfia, si modella con le dita e il coltello fino a farne ghirlande, animali, aiuole fiorite, cattedrali gotiche. Al momento di infornare la massaia pronuncia la frase rituale che dice: “In nome di Dio e di Santa Rosa, che tu riesca bello come un pane da sposa”.


In alcune località il pane degli sposi viene portato in dono alla coppia dal vicinato e si adorna di pagliuzze di carta colorata e di pervinche, simbolo di fecondità e felicità. Il giorno del battesimo il pane è lavorato come un merletto, quasi a esprimere la gioia della nuova vita. Nel giorno della morte, il pane viene confezionato con farina integrale: il suo colore scuro sottolinea il lutto e il tramonto della vita.


Fare il pane, anche il più semplice e quotidiano, è operazione di piena e profonda religiosità. “Deus bos vardet”, Dio vi guardi, è il saluto di chi entra in una casa dove le donne stanno lavorando l’impasto. “Nos benedicat” è la risposta d’obbligo. I gesti sono precisi, intensi, liturgici. Le protagoniste sono sempre le donne. Agli uomini invece è affidata la cottura degli arrosti, altro caposaldo della tavola sarda. Ogni pastore sa allestire il suo spiedo con un ramo d’albero e conosce la tecnica di girarlo con una serie di movimenti cadenzati. Si cuociono di preferenza “porceddi”, infilzati in un bastone di corbezzolo e non si mette alcun condimento all’infuori del sale e qualche goccia di lardo. Indispensabile è l’apporto delle erbe aromatiche: menta, rosmarino, mirto, alloro, salvia danno alle carni morbidissime per la lunga, sapiente cottura, sapore e profumo inimitabili. Un antico tipo di arrosto, ormai pressoché scomparso, è quello a “carraxiu” .


Gastronomia della Sardegna


Agricoltura e pastorizia sono stati sempre i fondamenti dell’economia sarda; poi, con gli anni Sessanta e Settanta, è arrivato il boom del turismo, la “scoperta” del meraviglioso mare dell’isola e delle sue immense possibilità per l’industria delle vacanze. I contrasti sono ancora evidenti, lo choc di un passaggio così repentino tra antico e nuovo, che interessa soprattutto le coste ma che si riflette su tutta l’isola non è ancora stato del tutto smaltito; alcune tradizioni resistono, il folclore è tuttora il più ricco e vitale d’Italia, il patrimonio di una cultura agro-pastorale molto caratterizzata è pressoché intatto. La tavola, specchio fedele della vita, della storia, della geografia, è quindi legata fortemente alla terra, alla dura condizione del pastore, alle feste religiose e pagane che sono ancora oggi sentite. Quanto al vino, la tradizione è molto antica ed è notevole la quantità dei vitigni; la produzione vinicola ha avuto negli anni Settanta una spinta propulsiva e un rinnovamento che le hanno fatto raggiungere una sua identità e livelli di grande interesse.


La cucina invece, come quelle meridionali in genere, vive ancora quasi esclusivamente nelle famiglie; solo di rado, e in pochi piatti, si offre al turista. Semplice, “pulita”, fatta di ingredienti genuini e sapori essenziali può essere divisa in due capitoli che corrispondono a luoghi diversi. La più antica e caratteristica cucina sarda è quella, esclusivamente “di terra”, dell’interno dell’isola: i suoi cardini sono le carni arrostite (animali selvatici, cacciagione e maiali giovani, i “porceddi”), il pane, i latticini, il miele, i salumi, le verdure. Cucina di pastori e di contadini, aromatizzata da erbe e legna odorosa, fatta di sapori decisi ma non piccanti. Cucina spesso rituale, che ripete da millenni gesti immutabili, che ha precisi significati simbolici.


L’altra cucina sarda, molto più recente anche se ormai ha alcuni secoli, è quella di mare. L’origine è composita, molti sono gli echi e le reminiscenze di nomenclatura. Il fatto è che i sardi non furono mai gente di mare; preferirono insediarsi nell’interno dell’isola piuttosto che sulle coste povere di porti naturali, infestate dalla malaria, e preda di feroci attacchi pirateschi. Così il ricchissimo mare di Sardegna rimase sconosciuto alle popolazioni locali almeno fino a quando altri popoli, questi sì naviganti e marinai, giunsero all’isola e vi si stabilirono più o meno da padroni.


Ricette


Pane Carasau


Ingredienti


Farina di Grano Duro,


semola,


acqua,


sale,


lievito


Preparazione


Amalgamare gli ingredienti, stendere la pasta sottilissima e a forma rotonda, cuocere nel forno fino a che non lievita, gonfiandosi. Togliere delicatamente dal forno e quando è ancora gonfia e tagliarla in due parti, che rinforneremo di nuovo per la cottura finale che le renderà croccanti.


Primo Piatto: Ciciones


Ingredienti


400 gr di semola,


sugo di carne,


pecorino grattugiato,


zafferano,


sale.


Preparazione


Mettere sulla spianatoia la semola, unire un pizzico di sale e pochissimo zafferana diluito in un bicchiere di acqua tiepida. Impastare bene, aggiungendo eventualmente acqua, sino ad avere un impasto ben legato e piuttosto sodo. Tagliare da esso gli gnocchi che dovranno essere piccolissimi e passarli uno alla volta su un setaccio dal fondo di rete ritorto. Lessarli poi in abbondante acqua salata per circa mezz’ora, scolarli accuratamente e condirli con sugo di carne. Servirli cosparsi di abbondante pecorino.


Secondo Piatto: Agliata di pesce


Ingredienti


2 kg di razza o polpi o sarrani


o gattucci,


300 g di pomodori secchi,


1 litro di passata di pomodoro, olio, aglio, sale, peperoncino.


Preparazione


Mettere a friggere il pesce; da parte preparare il sugo: sciacquare i pomodori secchi, tagliarli a pezzetti e metterli a cucinare insieme ai pomodori passati, e all’aglio tritato, aggiungere a metà cottura l’aceto e il peperoncino, lasciare cucinare per circa 1/4 d’ora a fuoco lento. Lasciare raffreddare e versare sul pesce già fritto.


Dolce: Meringhe


Ingredienti


1kg di zucchero,


1/2 litro di albumi freschi,


100g di mandorle amare,


una spolverata di bucce d’arancia tostate


Preparazione


Frullare gli albumi con lo zucchero fino a quando diventano consistenti. Unire le mandorle amare sgusciate, tagliate sottili e tostate e le bucce d’arancia sbriciolate. Amalgamare il tutto con delicatezza. Sulle teglie foderate di carta forno, sistemare, equidistanti, piccole porzioni di impasto, un cucchiaino colmo per volta, e metterle nel forno a bassa temperatura. La cottura termina quando ogni meringa si stacca facilmente dalla carta.