Una nuova iniziativa per la comunitá


CARACAS.-“Nascerà a Caracas un centro studi per l’emigrazione degli italiani in Venezuela. Il nostro obiettivo è cercare di far luce sulle vere condizioni della comunità italiana. Da un lato ci sono le autorità diplomatiche che negano l’emergenza, dall’altro una comunità che é preoccupata per le condizioni drammatiche di molti italiani. Il vero problema è che al momento non abbiamo dati certi, per questo abbiamo pensato a questo studio: dobbiamo coprire questo vuoto” .


Queste le parole con cui Attilio Folliero, assieme ad Ivan Chacón , ci annuncia la fondazione del primo centro studi in Venezuela per l’emigrazione.


Se l’emergenza c’è, ed esce fuori dall’inchiesta– sottolinea Ivan- “sará necessario che anche gli aiuti dall’Italia siano più dignitosi, non una vera miseria come adesso.


Oltretutto c’è bisogno di un’attenzione particolare verso la questione sanitaria, e le condizioni disumane degli italiani che si trovano in carcere. Sono temi prioritari, imprescindibili“. In effetti, come ci spiegano i due sindacalisti, una persona in difficoltà percepisce un aiuto di circa 200 o 300 mila bolivares ogni 3 o 4 mesi dal Consolato: un totale in media di trecento euro l’anno, salvo poche eccezioni. Una vera miseria : meno di un euro al giorno .


Ma il problema” – continua Attilio- ” è di fondo: riguarda la maniera in cui vengono forniti i servizi agli italiani nel mondo, soprattutto quelli consolari. L’esiguo numero di personale col tempo si è ridotto ancor di piú. Prima c’erano 45 persone al Consolato di Caracas, e già era difficile soddisfare le richieste dei cittadini, adesso sono ancora meno. Immaginate cosa succederebbe se i servizi che offre una città di media grandezza, come Bologna, fossero garantiti da sole 40 dipendenti. Da noi i tempi sono lunghissimi: per il passaporto ci vuole più di un anno, per lo stato civile un anno e mezzo, per la cittadinanza tre o quattro anni. In Brasile addirittura sono arrivati a 18 anni. Non è una vera presa in giro per gli italiani nel mondo?“.


Non c’è che dire. Procediamo a ritroso per raccontare la strana storia di Attilio e di Ivan.


Tre anni fa iniziarono a conoscere la comunitá da una posizione privilegiata: quella di contrattisti consolari. Fu allora che iniziarono la loro formazione al servizio degli interessi degli italiani in Venezuela. Avrebbero dovuto aggiornare l’anagrafe, ed invece fecero un po’ di tutto, tappando buchi qua e lá .


Il loro contratto, di sei mesi, venne rinnovato ben tre volte, per un totale di due anni . ” Il Ministero avrebbe dovuto riconoscerci come lavoratori a tempo indeterminato“- spiega Ivan-” perché la legge è chiara su questo punto. Dopo due rinnovi senza neanche un periodo di pausa si é lavoratori a tempo indeterminato. Era anche pronto un decreto per assumerci, ma alla fine é stato tutto bloccato“.


Per Attilio” hanno vinto gli interessi corporativi dei sindacati confederali del ministero. Avevano paura che assumendo noi loro avrebbero perso molte opportunitá. Adesso stiamo in causa per farci riconoscere un diritto sacrosanto, quello al lavoro” . Nella loro situazione si trovano ben 384 persone in tantissimi consolati sparsi nel mondo: si sono visti cancellare i diritti da un atteggiamento autoritario del Ministero degli Esteri .


Comunque ci stiamo difendendo – sottolinea Ivan- é nato il nostro sindacato, Salc-Mae, e andremo avanti fino alla fine. Sappiamo di essere soli: abbiamo mandato tante lettere ai parlamentari, ma abbiamo ricevuto poche risposte“.


I servizi che prima svolgevano i contrattisti a Caracas adesso sono stati appaltati ad una azienda esterna: ” E‘ grave“- ribadisce Ivan- ” cosí si viola la privacy dei connazionali, perchè a elaborare quei dati sensibili è un’azienda esterna, non dipendenti pubblici. Ma la mancanza di queste garanzie non sembrano interessare piú di tanto“.


La settimana prossima i due sindacalisti, e il loro centro studi, inizieranno la ricerca annunciata in apertura: verrá utilizzato un campione di 1000 persone . Chi volesse contattarli puó inviare una e-mail all’indirizzo:


[email protected]