Arrosto di uccellini


Domani è festa, si fa l’arrosto! Quando mia nonna diceva così, intendeva preparare l’arrosto di uccellini e ancora oggi per me “arrosto” ha ancora quel significato.


Abitavamo in campagna, allora non c’erano i supermercati, non c’erano congelatori e quindi mia madre faceva la spesa in paese quasi tutti i giorni nelle botteghe del paese, che erano “gestite” da amici più che commercianti; tutti conoscevano tutti e tutti sapevano tutto di tutti.


Niente di strano che io venissi mandata da Vittorio il fornaio a comprare le “fruste” e che mia madre attraversasse la strada per andare dal macellaio a prendere il maiale; ma per mia nonna non andava bene un pezzo di maiale qualsiasi: doveva essere ” la Scamerita” che è una parte molto saporosa (diventa capocollo quando viene salato).


Nel frattempo mia nonna aveva scelto gli uccellini più adatti e mio nonno, munito di apposito “grembiale” si metteva a spennarli facendo volare le penne per tutta la casa con grande disappunto di mia madre.


Tutto questo succedeva la sera prima.


La mattina dopo mia nonna affettava le “fruste”, tagliava il maiale a pezzi tutti uguali, ( io cerco di imitarla ma i risultati a tutt’oggi non sono quelli desiderati), sbruciacchiava gli uccellini, puliva la salvia e infilava nei “ferri” preparati da mio padre per l’occasione: un pezzo di frusta, un pezzo di scamerita, un uccellino e una foglia di salvia finché la fila si riempiva e si passava alla successiva. Poi il tutto andava nel forno a gas.


Ma quella non era una mattina qualsiasi: era il 4 novembre 1966.


Mentre l’arrosto cuoceva i miei nonni borbottavano sull’opportunità o meno di murare i mattoni alla porta di casa perché l’acqua a detta di mio nonno non avrebbe superato i 10 cm.


Poi nel giro di pochissimo la situazione è precipitata e siamo dovuti salire al piano superiore della casa perché l’acqua molto lentamente è cominciata a salire.


La mattina dopo non avevamo niente da mangiare; mia madre, donna molto pratica, abituata a risolvere i problemi, si è ricordata di quella teglia di arrosto che era stata abbandonata sulla cucina e che ormai sicuramente sarebbe stata immangiabile. Penso che abbia guardato mio padre, lui ha sceso le scale ed è ricomparso con la teglia sana e salva: l’aveva vista che galleggiava, l’aveva afferrata e … avevamo qualcosa da mangiare in attesa che arrivassero gli aiuti.


Ma non fummo i soli a mangiare quell’arrosto: mio nonno cominciò a chiamare i vicini che passando attraverso le terrazze arrivarono e divisero con noi quel cibo che l’acqua aveva risparmiato.La maggior parte delle persone che hanno mangiato quell’arrosto non ci sono più e queste righe sono anche per loro e per tutti gli altri che hanno vissuto quella tragica esperienza.