Vince Montoya nel giorno di Alonso


INTERLAGOS. –

Nel Paese di Ayrton Senna, vince Juan Pablo Montoya davanti Kimi Raikkonen, ma il campione é lui, Fernando Alonso, primo spagnolo di sempre a vincere il mondiale di formula 1. Lo ha fatto con la sua Renault arrivando 3/o dietro alle imprendibili McLaren ma stabilendo a 24 anni e 59 giorni un nuovo record di gioventù dei tanti che già detiene: quello di diventare nella terra di Ayrton Senna il più giovane campione del mondo dell’intera storia della formula 1.


I suoi 117 punti in classifica a due gare dalla fine sono ormai irraggiungibili da Raikkonen, che è salito a 94 punti. Fernando ci è arrivato al termine di una gara per l’ennesima volta condotta con una razionalità degna di Alain Prost. Nessun rischio. Anche a Interlagos così come a Spa, a Monza, in Turchia. Dopo aver conquistato la pole il sabato, lo spagnolo è stato bravo la domenica a conservare la testa in partenza, contenendo l’attacco di Montoya, scattato con lui dalla prima fila. Poi, dopo che già al primo giro era entrata in pista la safety car in seguito a un contatto tra Coulthard e Pizzonia (subito ritirati), Fernando si è ben guardato al 2/o giro di cercare di resistere al secondo attacco di Juan Pablo.


Da campione quale è lo ha lasciato passare senza correre alcun rischio, riuscendo poi a impostare la gara che voleva: non vincere, ma arrivare sul podio. Perché il 3/o posto gli sarebbe bastato per essere campione e su quell’obbiettivo ha concentrato tutte le energie. Ce l’ha fatta con una determinazione e una lucidità rare per un ragazzo così giovane.


Ha lasciato che le più veloci McLaren lo sopravanzassero (Montoya al 2/ giro, Raikkonen al 1/o pit stop). Ma non ha lasciato che lo sopravanzassero altri. Non il compagno di squadra Fisichella, meno che mai l’ex campione del mondo Michael Schumacher, che con la Ferrari attaccando al massimo è riuscito a inseririsi tra le due Renault: 4/o davanti a Fisico (5/) e al compagno di squadra Rubens Barrichello, 6/o alla fine. A punti anche Button (7/o) e Ralf Schumacher (8/o).


Il gran premio del Brasile è finito così: con la ratifica che la McLaren è la scuderia migliore (sorpasso in Brasile sulla Renault nella Classifica Costruttori, 164 a 162), ma che il campione del mondo è Fernando Alonso, Renault. Da metà gara in poi lo spagnolo si è messo nelle condizioni di fare la corsa che voleva: lasciare andare le più veloci McLaren, ma impedire a chiunque altro di mettere a rischio la sua terza posizione.


In testa la gara è stata così un affare a due tra Montoya e Raikkonen. L’ha spuntata il colombiano, soprattutto quando la scuderia ha capito che per il Mondiale le cose erano ormai andate e anche un’eventuale vittoria di Raikkonen non avrebbe riaperto la partita. Alle spalle del duo di testa, e di Alonso, le Ferrari hanno mostrato segnali di crescita, soprattutto con Schumacher.


Già in partenza il ferrarista si era mostrato aggressivo, portandosi subito dal 5/o al 4/o posto. Ma l’entrata in pista della safety car aveva complicato la sua gara, al punto che – appena la safetu era rientrata – era stato costretto a subire il controsorpasso di Fisichella. Michael ha atteso fino al 26/mo giro per tornare a superare la Renault.


Dopo di che ha conservato una 4/a posizione importante in chiave mondiale, tanto più se si considera che Schumacher era da tre gran premi che non andava a punti. Alle spalle di Schumacher una buona gara ha fatto Rubens Barrichello. Partito dalla 9/a posizione, il brasiliano ha prima superato Klien ai box, quindi è stato protagonista di uno splendido sorpasso su Button alla curva Senna portandosi in 6/a posizione. Posizione che è riuscito a conservare fino alla fine, rafforzando così il 3/o posto in classifica Costruttori della Ferrari.


Il gran premio del Brasile registra anche quest’altra curiosità. Tiago Monteiro, da 16 gare sempre al traguardo, con la sua Jordan questa volta non ce l’ha fatta. Ritirato a una decina di giri dal termine per rottura del motore.


L’ordine d’arrivo


Questo l’ordine di arrivo del Gp del Brasile, terz’ultima prova del Mondiale di Formula 1:


1. Juan Pablo Montoya (Col/McLaren-Mercedes) in 1 ora 29:20.574 (media: 205,439 km/h)


2. Kimi Raikkonen (Fin/McLaren-Mercedes) a 2.527


3. Fernando Alonso (Spa/Renault) a 24.840


4. Michael Schumacher (Ger/Ferrari) a 35.668


5. Giancarlo Fisichella (Ita/Renault) a 40.218


6. Rubens Barrichello (Bra/Ferrari) a 1:09.173


7. Jenson Button (Gbr/Bar-Honda) a 1 giro


8. Ralf Schumacher (Ger/Toyota) a 1 giro


9. Christian Klien (Aut/Red Bull-Cosworth) a 1 giro


10. Takuma Sato (Gia/Bar-Honda) a 1 giro


11. Felipe Massa (Bra/Sauber-Petronas) a 1 giro


12. Jacques Villeneuve (Can/Sauber-Petronas) a 1 giro


13. Jarno Trulli (Ita/Toyota) a 2 giri


14. Christijan Albers (Ola/Minardi-Cosworth) a 2 giri


Alonso Campione:

il piú giovane di sempre

MILANO, – Fernando Alonso, un predestinato. Perché all’uomo dei record (Schumacher) succede lui, il ragazzo dei record: tanti ne ha segnati Schumi nella sua ormai lunga carriera quanti Fernando nella sua carriera brevissima.


A cominciare dal più eclatante: a 24 anni e 59 giorni Fernando è diventato il 25 settembre del 2005 il più giovane campione mondiale di tutti i tempi (il precedente record era di Emerson Fittipaldi).


Nemmeno Schumacher ci riuscì, visto che quando vinse il suo primo mondiale di anni ne aveva già 25. Alonso, nato a Oviedo il 29 luglio del 1981, è diventato invece in Brasile sulla pista che fu di Ayrton Senna il più giovane iridato di sempre. L’ennesimo record di gioventù, visto che è già il più giovane ad aver conquistato la prima pole (22 marzo 2003, gp di Malesia, aveva 21 anni e mezzo), il più giovane a salire sul podio (3/o il giorno dopo nello stesso gran premio), il più giovane a vincere la prima gara (24 agosto 2003, gp d’Ungheria, aveva 22 anni e 22 giorni). In più Fernando è il primo spagnolo di sempre, quasi fosse segnato da un imperscrutabile, asturiano destino.


Come Michael imparò a Kerpen, in Germania, ad andare sui kart quando aveva 4 anni, così Fernando ha imparato ad andare sui kart a Oviedo, in Spagna. Con questa differenza: che di anni ne aveva 3. Era infatti il 1984 quando papà José Luis, esperto d’esplosivo per miniere, e mamma Ana, commessa nel supermercato di El Cortes Ingles, videro per la prima volta il figlio alle prese con un kart.


Il signor Luis aveva comprato una taglia-erba e con il motore di quella aveva fabbricato un piccolo kart per la figlia Lorena, che all’epoca aveva 8 anni. Lei neanche lo guardò, quel kart. Fernando invece ci lasciò il cuore.


Al punto che al bambino ne adattarono il sedile ed eccolo che quasi fosse una sua seconda natura Nandino prese a correre su quel trabiccolo con la naturalezza di chi era nato per quello. Innamorato delle Asturie, Fernando oggi vive a Oxford (in una villetta a schiera) e si accinge a diventare un miliardario-ragazzo di 24 anni con questo pregio/difetto:voler primeggiare. “E’ il mio pregio e il mio limite, voglio sempre vincere”. Che sia una partita di calcio (sport in cui dicono sia bravo, acceso tifoso del Real Madrid e del suo mito Raul), di beach volley, o di carte.


Lui non vuole saperne di perdere. Scoperto da Giancarlo Minardi nel 2000, Fernando ha bruciato le tappe: debutto in F1 nel 2001 con la Minardi (Australia), in Renault nel 2002 (collaudatore) e nel 2003 è già lì a fare la sua 1/a pole (Sepang) e a vincere la sua prima gara (Budapest).


Quest’anno il titolo: partito fortissimo fin da Melbourne (ultimo in partenza, 3/o all’arrivo, poi 3 vittorie consecutive in Malesia, Bahrain e Imola), Alonso ha costruito nella prima parte della stagione il suo vantaggio e nella seconda parte il suo Mondiale. Fin dalla 5/a gara (Monaco, dove fu 4/o) Fernando si è reso conto che se voleva il Mondiale doveva imparare a perdere, perché un campione vero quando sa che la vittoria è impossibile deve saper gestire al meglio la sconfitta.


Così ha fatto. Con l’intelligenza e la tenacia propria delle persone molto ambiziose, Fernando ‘el Nano’ ha costretto la sua focosa irruenza asturiana nel rigore ferreo della autodisciplina da ‘cunctator’ che fu di Nicki Lauda e Alain Prost: da metà stagione ha cominciato a gestire le sue non-vittorie. “Le McLaren sono più forti di noi, ma in classifica sono dietro. Spetta a loro rischiare, io devo solo evitare ogni errore”. E’ stato di parola. Dal Canada in poi (unico gp in cui commise uno sbaglio andando a toccare il celebre muro ‘bienvenue en Quebec’), la regola che si è dato è stata questa: “nessun errore da qui fino alla fine”.


L’ha applicata al millesimo e gara dopo gara è stato sempre davanti ad almeno una delle due McLaren, nonostante la loro superiorità: 1/o al Nuerburgring, Magny Cours, Hockenheim; 2/o a Silverstone, Istanbul, Monza, Spa. Una forza di volontà e una capacità di reggere la pressione sorprendenti in un ragazzo di 24 anni.


Dice di aver ereditato queste doti da nonno Costantino (scomparso alcuni anni fa) e da nonna Luisa, alla quale è molto legato. Non beve, non fuma, non ha una particolare predilezione per il cibo ma si definisce “profondamente asturiano”. Per questo in Spagna è scoppiata ‘l’alonsomanià, sono tutti per lui. Compreso Re Juan Carlos, che gli ha telefonato di persona. Per dirgli, a nome di tutti gli spagnoli: “Muy bien, Fernando, muy bien”.