Caracas– Il Forum ha inaugurato sé stesso. Il movimento dei movimenti ha aperto le danze con una grande marcia. Una fiume di persone, meno però degli appuntamenti precedenti, che lentamente, tra tamburi, cori ed eccentricità, ha percorso il tratto che va dalla UCV fino a Los Proceres. Un fiume, innanzitutto, di colori, quelli che accompagnano da sempre delegazioni variopinte, diverse per provenienza e formazione, ma legate tutte dal tentativo di cercare un “altro mondo possibile”, con meno esclusioni, meno vittime, e senza guerre. Sono giorni di dibattito, con migliaia di attività (dal gruppo Clacso, raffinati ricercatori latinoamericani, fino alle riunioni della sinistra spiritualista, passando per i diritti degli omosessuali)ma anche di passeggiate notturne, per chi non rinuncia a vedere l’altra Caracas, quella che a mezza notte si trasforma, da buona cenerentola all’incontrario che si rispetti.
Sono arrivati, a scaglioni, soprattutto dall’America Latina. Per i figli del continente di Bolivar, il Forum è un appuntamento a portata di mano, senza neanche i costi proibitivi dell’aereo. Molti provengono dal Brasile, il centro del mondo movimentista, ma la maggior parte sono colombiani, venuti a far sentire la propria voce contro il governo di Uribe, un governo democratico che loro chiamano “fascista”, perché contrario ai diritti degli ultimi, ostico verso i movimenti, e filo-statunitense. La delegazione italiana, venuta da lontano, non è molto folta. I più organizzati sono i Cobas,
“Siamo da sempre presenti, perché siamo parte integrante della sinistra anti-liberista. Promuoviamo seminari di approfondimenti, tra cui quello sull’acqua, contro la privatizzazione. Il movimento – continua Patrizia ragionando sui cambiamenti da Porto Alegre fino a Caracas – sta cambiando, non è morto o in decadenza come molti sostengono in Italia, è però più legato al territorio. Cerca di difendere i diritti di tutti quelli che vengono esclusi dai processi di globalizzazione e lo fa spostandosi in diversi luoghi, per appoggiare chi lotta per la terra, per la sovranità alimentare, per i beni comuni”.
Eppure, commentiamo con Patrizia, il Pakistan e Mali sono scelte difficili, soprattutto quest’ultimo per gli alti tassi di schiavitù.
“Andare in questi paesi è una scelta coraggiosa ma anche dovuta. E’ necessario per conoscerli dall’interno. Chi è stato nel Mali, tra i miei compagni, mi ha detto di aver visto una realtà positiva, lì c’è una richiesta forte di rivendicazione e di protagonismo contro il neocolonialismo, e poi questi movimenti sono attivi proprio per spingere i governanti a fuoriuscire dalla propria tranquillità”.
Assieme alla Sentinelli c’è anche Carlo Cartocci, che sempre per Rifondazione si occupa degli italiani all’estero. Proprio su questo tema rilascia una dichiarazione:
“Sulle nostre comunità all’estero Rifondazione è in ritardo, abbiamo iniziato da poco a riprendere i rapporti, abbiamo già contattato l’Argentina, l’Uruguay, il Brasile”.
Per i Cobas, parliamo con il portavoce nazionale Piero Bernocchi:
“Noi qui partecipiamo a diverse attività, contro la guerra e per la scuola pubblica. Siamo venuti in sei e per le nostre casse questo è il massimo. L’America Latina è una realtà interessante, in Europa la situazione dei movimenti è stagnante, è l’unico continente dove non ci sono avanzamenti, qui invece siamo in ripresa, e veramente interessante è anche l’Africa, che è entrata da poco nel forum”.
Sono nette le parole che Bertocci, figlio di un sindacalismo alla vecchia maniera, pronuncia sulla situazione del sindacalismo di base:
“In Europa è dura, è a volte difficile organizzarsi fuori dalle grandi confederazioni sindacali. In Italia va meglio, ma molti diritti li stiamo perdendo”.
La delegazione italiana si disperde, mentre cala la notte, e si accendono le luci a Los Proceres. Il concerto notturno vedrà la presenza, dopo un pomeriggio intenso, soprattutto dei giovani, quelli a cui le forze non mancano, né devono mancare.