Pubblica insicurezza

Vi racconto quel che mi è accaduto nella notte tra venerdì e sabato. Stavo camminando per l’avenida Francisco Solano, a Caracas, quando si accosta a me una camionetta bianca, con la scritta “Policia” sulla fiancata. Ne scendono tre uomini in uniforme che mi intimano di mettermi con le mani al muro, mi perquisiscono e poi, improvvisamente, se ne vanno. Non faccio in tempo a voltarmi, che già stanno sulla camionetta, dileguandosi con i soldi che avevo nel portafoglio – non molti, per fortuna – e con il mio cellulare.


Lo scorso 23 febbraio, a Caracas, sono stati sequestrati i fratelli Faddul, tre giovani (12, 13 e 17 anni di età) di origine libanese. Assieme a loro è stato rapito l’autista di famiglia, molto probabilmente per prendersi cura di uno dei tre fratelli, paralizzato alle gambe e costretto su una sedia a rotelle. Secondo quanto afferma chi ha assistito al rapimento, tra cui anche i familiari dei giovani, a portarsi via i fratelli e l’autista sono stati agenti della polizia metropolitana. “A volte accade che qualcuno si travesta da poliziotto per compiere un delitto” ha spiegato il commissario Rafael Escorcha alla stampa. Ripensando a quello che mi è accaduto, mi torna in mente la camionetta bianca, in tutto e per tutto simile alle camionette allineate a poca distanza dal Poliedro nel dispositivo di sicurezza allestito in occasione del concerto di Manu Chao.


Le dichiarazioni di Escorcha si possono trovare sull’edizione dello scorso sabato di El Universal. Accanto a quello stesso articolo, si legge che il “difensore del popolo dello Stato Zulia”, Antonio Urribarri, chiede ai vertici delle forze di polizia di decretare lo stato d’emergenza nella regione, investita da una nutrita serie di fatti di cronaca nera. Uno di questi è il rapimento e l’uccisione di Rosina Di Brino, la studentessa italovenezolana originaria di Casacalenda del Molise strangolata a 22 anni dai suoi carcerieri. Urribarri “ha precisato – si legge sul quotidiano caraqueño – che possiede le prove e i nomi di vari funzionari di polizia tuttora in carica coinvolti in diversi delitti, in particolare nel sequestro di Rosina Di Brino, prove che renderà note all’opinione pubblica nei prossimi giorni”.


Il caso di Rosina Di Brino merita due considerazioni. La prima è che sui principali quotidiani venezolani, i caraqueñi El Universal ed El Nacional, la sua tragedia sia stata appena segnalata, il che è un indicatore eloquente della frequenza dei fatti di “nera” in Venezuela. La seconda è che la notizia è stata totalmente ignorata dai media italiani, e qui è un po’ più difficile capirne i motivi. Ricordiamo, la scorsa estate, la fiammata d’interesse sulle sorti degli italiani in Venezuela, accesa da un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Allora la situazione era grave, adesso lo è di più; eppure, per la spietata esecuzione della Di Brino, la stampa italiana non ha fatto una piega.


Tanti italovenezolani chiedono alle autorità italiane di fare qualcosa; ma cosa possono fare più di quel che già fanno, in un paese straniero? Forse, un fattore di salvaguardia per la sicurezza degli italovenezolani potrebbe venire proprio da un maggiore interesse dei media italiani sulle loro sorti: la cattiva pubblicità potrebbe essere una molla sufficiente per mobilitare le autorità locali, in particolare nel contrasto di eventuali deviazioni poliziesche.


Quanto a me, ho già preso le mie contromisure, che rilancio a tutti gli italiani di passaggio in Venezuela: cellulare da quattro soldi, niente orpelli e anche scarpe rotte, non si sa mai; per non rinunciare a “disfrutar” quello che resta un paese bellissimo, ma che va vissuto con molta attenzione.