Italianisti venezolani: lavori in corso

CARACAS – Insieme per parlare italiano e parlare di italiano, con questo interessante obiettivo si è consumato ieri presso l’auditorio della Università Simón Bolivar il primo giorno di incontri degli italianisti venezuelani. È il secondo appuntamento dopo quello che ha riunito gli amanti della lingua italiana nel  2003.


Un programma decisamente interessante che ha contato sull’intervento di diversi personaggi: il prof. Michele Castelli (USB), che ha presentato uno studio della presenza molisana in Venezuela dal 1947 ai giorni nostri; Giovanna Infranco (UniMet) che ha discusso del progetto di un sito web per l’insegnamento della lingua italiana ; Antonio Nazzaro (IIC) che ha affrontato le problematiche tra l’oralità e la scrittura dell’italiano contemporaneo.


Tra i numerosi ospiti la prof.ssa Anna Ciliberti, della Università per gli stranieri di Perugia, e la prof.ssa Elena Pistolesi dell’Universitàs di Trieste, che abbiamo avuto il piacere di intervistare.


Prof.ssa Pistolesi, Lei si occupa di linguistica ed Internet. Ci parli di come si sta evolvendo la lingua italiana attraverso la rete.


– È un tema molto complesso perché in internet troviamo tante forme di comunicazione: come le e-mail che somigliano un pò alle lettere tradizionali; le chat-line, cioè le chiacchiere telematiche, che trasportano la lingua in una nuova dimensione,  soprattutto nel caso della lingua scritta. Fino al 1986, anno in cui nascono le chat, il dialogo in forma scritta non esisteva in internet e gli unici “dialoghi scritti” che conoscevamo erano quelli delle commedie teatrali o dei biglietti che si scambiano gli studenti in classe. Insomma una situazione molto diversa. La lingua scritta è cambiata dirigendosi verso una forma un pò mista tra l’orale e lo scritto, perché deve coprire una dimensione di scambio sincrono che prima non c’era.


Oggi, grazie soprattutto ai nuovi mezzi informatici, tutti possono e vogliono comunicare con tutti. Un caso eccellente è messanger, il programma di hotmail, che permette di comunicare in tempo reale.  Averlo è diventata un’esigenza, ma aumentano i casi di aziende che decidono di limitare l’accesso a questo servizio ai loro dipendenti perché li distrae. Lei cosa ne pensa?


– Il problema di messanger nelle aziende è abbastanza grosso. Molte impediscono o vorrebbero impedire di usare la posta per scopi personali durante l’orario di lavoro. Inoltre attraverso il computer e le reti si può controllare la persona che lavora perché può vedere in quel momento dov’è connessa e a cosa. Credo, però che questo strumento possa rappresentare anche un vantaggio: la rete e sistemi di scambio in rete stanno sostituendo tutti gli altri modi di comunicazione all’interno delle aziende e fuori. Ad esempio si dice che in Microsoft non squilli mai il telefono perché tutti si scrivono e la comunicazione è completamente cambiata. Nelle aziende questo fenomeno si è registrato prima che in altri luoghi perché la rete è arrivata prima.


Il linguaggio usato nella posta elettronica è più sintetico rispetto quello di una lettera scritta a mano.  Siamo di fronte ad un impoverimento della lingua o nuovi codici di interscambio comunicazionale?


– Non è un impoverimento, ma utilizzo di forme di comunicazione diverse che vanno analizzate nella loro specificità. Oggi sono cambiate diverse cose, come i tempi di scrittura e quelli di lettura: chi scrive o chi riceve cento mail al giorno non può leggere testi lunghissimi o tende a non leggere in modo approfondito. Oggi in una e-mail si scrivono cose che prima si esprimevano in una telefonata o in un incontro faccia a faccia, e i tempi di risposta sono dieventati molto brevi. La scrittura elettronica copre degli ambiti che prima erano occupati dalla lingua parlata: oggi si invia una e-mail piuttosto che fare una telefonata, però il contenuto è lo stesso. Quindi l’italiano scritto si è spostato verso il polo dell’oralità.


Internet sta aiutando la diffusione della lingua italiana?


– Si, ad esempio, in Italia, ma non solo, la comunicazione scritta era in crisi, invece adesso si scrive tantissimo. È un fenomeno interessante basti pensare alla quantità di materiale scritto che troviamo in rete in tutte le lingue. Un scrittura che funziona in maniera diversa rispetto alla tradizionale.


Oggi con Internet è possibile comunicare anche parlando a voce, attraverso una connessione audio. Questa tecnologia è però ancora poco diffusa, soprattutto a causa dei alcuni problemi tecnici; ma in futuro, quando questa tecnologia migliorerà, assisteremo ad una trasformazione oltre che del testo scritto anche del testo  verbale?


Si già se ne parla perché tanti espedienti che si usano nella scrittura elettornica rinviano a quella verbale. Però non so quanto sarà il successo di questi strumenti: dal 1996 seguo il fenomeno delle chat-line e tutti dicevano “Quando arriverà la multimedialità, questo tipo di comunicazione finirà, perché sarà sostituito dal video, dalla webcam”, ma questo non è successo, perché ci sono strumenti che vanno bene usati cosí come sono: un pò perché gia si conoscono, un pò perché ci si affeziona. Anche il video telefono estiste dagli anni ‘50 non lo ha mai comprato nessuno e tutt’ora in Italia, che è la patria dei cellulari, fatica a decollare; perché c’è un fattore di privacy: la telefonata è la telefonata, non ci si vuol far vedere, ciò lo ritengo positivo.


 


Prof.ssa Ciliberti, quali sono le maggiori difficoltà di apprendimento dell’italiano per gli stranieri?


Dipende dal destinatario, naturalmente. Al momento abbiamo molti studenti asiatici, soprattutto cinesi, per i buoni rapporti tra i due paesi e le difficoltà maggiori sono create dalla distanza tra le due lingue.


L’apprendimento di una lingua dipende dall’intelligenza personale o dalla tecnica di insegnamento?


L’intelligenza è un concetto molto delicato. Ci sono molti tipi di intelligenza, molte componenti dell’intelligenza: c’è una predisposizione di alcuni ad apprendere una lingua o, per lo meno, ad imparare alcuni aspetti della lingua. Si dice ad esempio che chi ha un buon orecchio apprenda più facilmente la prasodia, la pronuncia, ma anche qui le generalizzazioni non sono appropriate. Certamente una qualche predisposizione per l’apprendimento linguistico aiuta molto, è chiaro che l’approccio metodologico usato può influire in larga misura, perché può motivare più o meno l’apprendente. Con la motivazione si possono superare moltissimi ostacoli.


Molti definiscono l’italiano una lingua “musicale”. Quanto questa peculiarità può facilitare l’apprendimento?


È di sicuro musicale, è una lingua sillabica. Molti la studiano perché la definiscono una bella lingua, ma poi ci sono i problemi di sintassi, di lessico, di sociolinguistica, di pragmatica che di sicuro la “musicalità” non aiuta a superare. Vanno considerati diversi aspetti nell’apprendimento, i livelli di significato di una lingua sono plurimi e quindi ciascuno presenta le sue difficoltà.


Parliamo di mezzi di comunicazione e la loro influenza nella lingua italiana. Si polemizza spesso sull’eccessivo utilizzo dei così detti anglismi. Lei cosa ne pensa?


Gli inglesismi stanno entrando in tutte le lingue, non solo occidentali anche orientali ed arabe. Credo sia un processo inevitabile. L’inglese è indispensabile per moltissime ragioni, in prima battuta la tecnologia. Non ne farei una questione di purismo, le lingue sono come individui: si evolvono, possiamo essere quanto normativi vogliamo ma le lingue si evolvono lo stesso nelle direzioni che in qualche modo scelgono di seguire.


L’italiano è ancora una lingua che il mondo vuole conoscere?


Penso proprio di si, è in grande ascesa l’appredimento dell’italiano, noi che siamo una università il cui mandato istituzionale è la promozione della nostra lingua, della nostra cultura ce ne accorgiamo: il numero degli studenti aumenta, la richiesta di docenti di italiano cresce vertiginosamente in tutto il mondo, quindi vuol dire che nonostante la predominanza dell’inglese lingue come l’italiano, lingue di cultura non sono più di nicchia ma sono nella comunicazione corrente, degli scambi commerciali oltre che culturali.


Il Secondo incontro degli italianisti venezolani si concluderà oggi pomeriggio, ma gli interessati possono ancora unirsi loro presso l’Università Simon Bolivar.