I treni del futuro parlano italiano

CARACAS – Sette miliardi di dollari. Miliardi, non milioni. A tanto ammonta l’investimento per lo sviluppo del sistema ferroviario venezolano che vede protagonista l’Italia e le sue imprese. Negli ultimi anni, un consorzio di società che comprende Impregilo, Astaldi e Ghella, praticamente i “colossi” del settore delle costruzioni in Italia, ha raccolto l’ambiziosa sfida lanciata da Hugo Chávez: dotare il Venezuela di una grande rete ferroviaria in grado di ridisegnare l’evoluzione di questo paese per gli anni a venire.


Il governo italiano ha già firmato accordi per 3 miliardi e 700 milioni di dollari, che sono stati seguiti dalla firma dei contratti commerciali, altri accordi per circa 2 miliardi sono in via di definizione e vi sono opzioni per circa ulteriori 2 miliardi. Il primo risultato di questa investimento, che ha un notevole ritorno economico anche per la madrepatria, è visibile poco fuori Caracas: la linea di metropolitana leggera Caracas-Los Teques-Cua che verrà inaugurata ad ottobre.


Nel 1999, quando lo sviluppo ferroviario venne inserito nella nuova Costituzione del Venezuela come “priorità della nazione”, il piano di sviluppo prevedeva circa 4.000 chilometri di ferrovie.


Nelle ultime settimane i tecnici del governo hanno messo a punto un piano di sviluppo di ben 13mila chilometri, da realizzarsi tra il 2006 e il 2030. Ambizioni visionarie, potrebbe definirle qualcuno. Ma al di là di quello che si può pensare di Chávez e dei suoi proclami mediatici, il progetto ferroviario merita attenzione particolare. In primo luogo, perché non ha paragoni nel continente e al mondo forse solo la Cina lancia oggi sfide di questo livello. In secondo luogo, perché l’Italia risulta il primo partner della partita, che coinvolge in misura per ora ridotta anche la Cina , il Brasile e la Spagna.


Per dare un’idea dell’impegno italiano, basti dire che il Ponte di Messina, l’opera pubblica più imponente e discussa degli ultimi anni in Italia, non dovrebbe costare più di 4 miliardi di dollari.


Rocco Nenna è l’uomo che ha tessuto buona parte della tela dell’investimento italiano per le ferrovie venezolane. Non per caso, visto che conosce come pochi le dinamiche di questo paese. Ingegnere, responsabile per l’Astaldi in Sud America, è in Venezuela dal 1979. Oggi è a capo del consorzio di imprese che a breve comincerà a costruire due nuovi tratti ferroviari che conducono verso l’interno: San Juan de Los Morros-San Fernando de Apure, di circa 252 chilometri, e Chaguaramas-Cabruta, di circa 201 chilometri.


Lo incontriamo nel suo ufficio di Caracas, disponibile a spiegare ai lettori della Voce cosa stanno facendo le nostre aziende nel paese che vuole costruire il “Socialismo del XXI secolo” e per questo viene guardato con curiosità o diffidenza, a seconda degli orientamenti politici, da mezzo mondo. “Chávez”, dice Nenna, “ha una visione sociale molto forte ma non nega a un imprenditore di produrre e di avere il suo utile nella produzione”.


Ingegner Nenna, i progetti ferroviari sono un’idea di Chávez?


Come idea, il piano di sviluppo ferroviario è sorto già negli anni ottanta, con i governi di allora. Teniamo conto che il Venezuela ha una rete praticamente inesistente di ferrovie, giusto un paio di brevi tratti in disuso, abbandonati da anni. Con il governo Chávez è il piano è diventato prioritario per lo sviluppo del paese e noi abbiamo saputo inserirci in questo programma prima di altri.


E’ forte la concorrenza tra i paesi per entrare in questi accordi?


Certamente. Tenga conto che in progetti di questo tipo, integrati come quello della linea Caracas-Cua dove vengono forniti chiavi in mano i treni pronti a camminare, si può calcolare un ritorno di circa il 30 per cento al paese di origine. In quel caso specifico, su 2 miliardi e 200 milioni di dollari, si ha un beneficio di circa 700 milioni di dollari che smuovono l’economia del paese. Di questi, l’Italia ne ha messi circa 400 in forma di credito, ma l’impatto è comunque notevole. Tra i paesi c’è una corsa a chi riesce a piazzare meglio le proprie im­prese.


Le ferrovie sono la maggiore area di attività italiana in Venezuela?


Di questi progetti se ne è parlato pochissimo, ma c’è un valore di investimento che non ha paragoni. Già definiti e in fase di costruzione vi sono opere per 5 miliardi di dollari, poi stiamo per firmare contratti per 2 miliardi e 200 con allegate un altro miliardo e mezzo di opzioni annunciate. In tutto, siamo tra i sette e gli otto miliardi di dollari, e se teniamo conto che circa tre girano sul sistema italiano e anche il sistema italo-venezolano ne beneficia, vediamo che diventa un tema importante, più importante del ponte di Messina e anche maggiore degli investimenti Eni in questo paese. 


La comunità italo-venezolana è coinvolta nei vostri progetti?


La nostra attività muove qui prevalentemente quello che è il sistema italo-venezolano. Gran parte dei fornitori, gran parte dei sub-contrattisti, sono espressione della collettività, per logiche ragioni di affinità. Va ammesso, tuttavia, che si sentono anche tante lamentale di chi rimane escluso; il volume del lavoro è alto, però è altissimo il numero delle imprese italo-venezolane presenti. Per un lavoro possiamo coinvolgere una o due imprese, ma ne scontentiamo altre otto. Una scelta d’altra parte è inevitabile, non si può fare altrimenti.


Chávez ci ha abituati a messaggi di grande slancio ideale, ma sul piano pratico è un partner affidabile?


Chi è qui da tanti anni, come me, soffre certo di difficoltà di tipo burocratico, ritardi di pagamento che portano a volte a scoperti veramente alti, lavorare qui è diverso che fare contratti in Svizzera o in Italia. Il rischio è alto ma statisticamente, per il periodo che ho vissuto qua, mai vi è stato un mancato pagamento da parte delle istituzioni venezo­lane verso imprese private e paesi stranieri. Ciò vuol dire che culturalmente, qui la gente è portata a rispettare gli impegni, indipendentemente dai governi che si sono succeduti.


Non è cambiato nulla negli ultimi anni, quindi?


No, anzi, c’è stato uno sforzo più forte, e c’è stata una situazione un po’ più facilmente gestibile in quanto le risorse sono aumentate. Questo governo ha scelto il sistema ferroviario come sistema prioritario e ha una grossa quantità di risorse energetiche e di materie prime, come acciaio, carbone, legno.


Una situazione molto favorevole, quindi.


Oggi vi sono due aree del mondo completamente affamate di questi beni: il mondo occidentale da un lato e l’India e la Cina dall’altro, che non possono fermare il loro sviluppo. Questo paese ha un’alternativa che prima non c’era: prima chi aveva il monopolio del mercato gestiva il prezzo, adesso la benzina e l’acciaio sono molto contesi. In Venezuela c’è tutta questa gamma di prodotti e fuori una forte domanda, una situazione vantaggiosa che solo una crisi politica di livelli estremi potrebbe sconvolgere. E credo che non convenga a nessuno che ciò avvenga.


 


IL PIANO FERROVIARIO 


Il Piano di sviluppo ferroviario nazionale del Venezuela prevede la costruzione, entro il 2030, di una rete di 13mila chilometri. Come termine di paragone, la rete ferroviaria a scartamento normale in Italia supera di poco i 16mila chilometri, mentre quella Argentina, la più grande del Sud America è di circa 34mila chilometri. L’ambizione del governo Chávez è di invertire la situazione socio-economica del paese, dove quasi il 75 per cento della popolazione e dei movimenti economici sono concentrati nella zona nord, sulla costa. Secondo questo disegno, le tratte ferroviarie raggiungeranno zone dell’interno poco o nulla sviluppate per sostenere nuovi centri di sviluppo. Il consorzio di imprese italiane formato da Astaldi, Impregilo e Ghella, ha lavorato assieme a partner francesi alla costruzione della linea di “metropolitana leggera” Caracas-Cua, che verrà inaugurata ad ottobre. Un’opera del valore di 2 miliardi e 200 milioni di dollari, la cui lunghezza è di 41 chilometri, dei quali 20 di gallerie. Il progetto Puerto Cabello-La Encrucijada (108 km) ha un valore di 1 miliardo e 300 milioni dollari, con ulteriori 1500 milioni di dollari di opzioni per altri lavori e dovrebbe essere completato entro il 2009. Recenti accordi riguardano le tratte San Juan de los Morros-San Fernando de Apure (252 km) e Chaguaramas-Cabruta (201 km), i cui lavori dovrebbero cominciare entro quest’anno.