E’ in lieve ripresa il settore metalmeccanico

CARACAS – Arriva alla settima edizione, ExpoMetal, la vetrina per l’industria metallurgica in cui si può misurare con mano il livello tecnologico del Venezuela. Questa volta un importante apporto è stato dato anche dalla Cavenit che, grazie ad un lavoro sulla metalmeccanica che va avanti da tempo, ha contribuito a portare in Venezuela 7 imprese italiane, 7 colombiane, 2 dominicane ed una peruviana, per un workshop nell’ambito del progetto europeo Al-invest, per favorire l’incontro imprenditoriale  tra le due sponde dell’Oceano. “Siamo molto soddisfatti- dice Stefano Cantatore, uno degli organizzatori- è un ottimo risultato, iniziano a vedersi i risultati di un lungo lavoro”. La metalmeccanica, non è un segreto, è un vecchio pallino della Cavenit: la segue da tempo nella convizione che ci sia il terreno per un proficuo incontro tra l’imprenditoria italiana e quella venezolana.
E’ un settore che ha sofferto molto in questi ultimi anni, e continua ad avere una forte capacità inutilizzata, in pratica molte fabbriche potrebbero produrre di più, ma non c’è richiesta sul mercato. Il presidente dell’Aimm (associazione metallurgica), Afredo Gibbs, ha sottolineato come le cose da questo punto di vista stiano andando meglio: la capacità utilizzata è passata nel 2006 dal 60% al 68%. Cauto ottimismo, quindi, soprattutto perché l’aumento è dovuto principalmente a progetti nel ramo petrolifero e quello delle costruzioni, mentre ancora è lontana la diversificazione economica tanto inseguita dagli statisti venezolani di questo novecento. Lieve il recupero di posti di lavoro, all’incirca il 5% in un anno, forse poco per arrivare alla quota di 150 mila posti di lavoro auspicata per i prossimi 5 anni.
Alda della Zoppa è una degli  imprenditori italiani presenti, rappresenta  diverse aziende, tra cui Colgar. Considera quello venezolano un ottimo mercato di riferimento: “Già la Colgar ha qui 500 sue macchine, e sicuramente in futuro il Venezuela avrà bisogno di più tecnologia”. Tecnologia sì, ma nel quadro di accordi commerciali mordi e fuggi, gli investimenti sono ancora un tabù.“C’è qualcuno che investe, ma in generale, il paese viene percepito come poco sicuro”, continua della Zoppa.  Dello stesso parere Luigi Gaeta, della Tauring, impresa che si occupa di curvatrici:“Non sono molto esperto del mercato, però escludo la possibilità di investimenti”. Intanto passi in avanti si sono fatti nell’assistenza, sembrerebbe che tutte le macchine ne siano fornite. In pratica basta chiamare  telefonicamente o via internet  e si riceve il supporto tecnico necessario. Nei casi più gravi poi arriva direttamente il tecnico dal paese più vicino.
Se l’assistenza è uno degli argomenti su cui si è ottenuto molto, l’eterna incomprensione tra il Venezuela e l’Italia è sul tipo di relazione economica.
Il Venezuela ha bisogno di tecnologia per migliorare la produttività delle proprie imprese, la qualità della produzione, e poter competere in un mercato più ampio, come quello del Mercosur, che oramai ha spiazzato il G3 (accordo Messico-Colombia-Venezuela) e la Comunità Andina. In questo senso l’aiuto dell’Italia può essere determinante, perchè se c’è una cosa che l’Italia esporta in America Latina sono senza dubbio macchinari di alta qualità. Dall’altro canto però l’aspirazione del Venezuela è non avere solo rapporti mordi e fuggi, commerciali, ma anche investimenti a lungo termine, attraverso joint venture o altre modalità di investimento. La differenza è abissale: nel rapporto commerciale i dollari escono dal Venezuela, in quello di investimento entrano. Ma proprio qui casca l’asino. Nonostante gli sforzi che fa il governo per garantire che il Venezuela è un paese sicuro, l’insicurezza giuridica viene percepita come un grande ostacolo per gli investimenti. La percezione negativa diventa centrale ed impedisce agli imprenditori di avvicinarsi al mercato. Convincere  lo “straniero” che il Venezuela è un paese sicuro non è facile. Il pregiudizio latinoamericano è ben radicato, riguarda tutto il continente, esclusi alcuni paesi come Cile, Argentina ed ultimamente Brasile. Viene rafforzato quando a  governare è  la sinistra, o quando ci sono forti movimenti popolari, e risiede in quella che viene definita “mancanza di stato di diritto” per cui le regole ci sono, ma non vengono rispettate. “Un paese che non riesce a tutelare il turismo, come potrebbe tutelare il mio investimento?”, si chiede l’investitore modello che guardando la cartina geografica passa all’altra parte dell’Oceano…quello Pacifico.