Nessuna coccarda

Il terremoto, oggi, mette a dura prova una regione, l’Abruzzo, che già in passato ed in circostanze molto simili ha dimostrato di avere il coraggio, la caparbietà e la forza per reagire. Ma mette a prova anche la maturità di noi italiani all’estero, i nostri sentimenti di solidarietà, la nostra capacità di archiviare rivalità e velleità personali per unire sforzi ed energie da orientare verso un unico obiettivo: contribuire, nel nostro piccolo, alla ricostruzione delle zone terremotate.


Appena poche ore dopo il sisma, quando dai lanci d’agenzia che arrivavano in Redazione si cominciava a delineare chiaramente la proporzione della tragedia, la Fondazione Abruzzo Solidale e la “Voce” decidevano di unire energie, di dare vita ad una “cordata” unitaria. Una cordata dalla quale nessuno doveva essere escluso. Ed è per questo che immediatamente abbiamo provato a contattare telefonicamente tutti gli esponenti della Collettività. L’obiettivo, sommare energie attorno ad una iniziativa il cui scopo era, ed è tutt’oggi, promuovere la solidarietà verso la popolazione abruzzese seriamente castigata dal fenomeno naturale.


Era ed è questo il sentimento di chi scrive, emotivamente coinvolto nella tragedia non solo perché  in quelle strade devastate del capoluogo abruzzese e nei borghi medievali rasi al suolo ci ha trascorso la propria infanzia e gran parte dell’adolescenza, ma soprattutto perché, mentre affidava alle segreterie telefoniche dei cellulari ed agli e-mail appelli di partecipazione ed adesione affinché la “cordata” potesse avere uno, cento, mille protagonisti, aspettava trepidante di sapere se dalle macerie, in cui Vigili del Fuoco e volontari scavavano anche a mani nude, sarebbero emersi i corpi senza vita di parenti ed amici.


L’emergenza chiedeva risposte rapide e concrete. Noi abbiamo cercato di darle e l’adesione in alcuni casi è stata immediata. Tale il caso della Cavenit, della Faiv, dei Padri Scalabriniani e del Comites. In altri, invece, le nostre telefonate sono rimaste semplicemente senza risposta. Ne resta traccia nei vari telefonini che risultavano spenti. In altri ancora, poi, ci veniva comunicato, via e-mail, che ogni decisione sarebbe stata rimandata al ritorno dalle vacanze.


L’appello lanciato da queste colonne, quando ora dopo ora si capivano le dimensioni della tragedia, aveva come unico fine quello di farsi eco del desiderio di offrire aiuto e solidarietà ai connazionali abruzzesi che emergeva dalla nostra comunità. In nessun momento siamo stati sfiorati da velleità di protagonismo. Sarebbe un’offesa alla nostra integrità umana e professionale e un’offesa alla Collettività che sempre, nei momenti difficili, ha dato risposte generose e unitarie.


Purtroppo, dobbiamo prendere atto del fatto che l’unità della nostra collettività presenta dolorose smagliature. A poco sono serviti gli appelli all’unione, alla coesione, alla compattezza di azioni e propositi. E’ una situazione che ci addolora e obbliga il nostro giornale a farsi da parte. Lasceremo ad altri la responsabilità di organizzare e raccogliere i fondi che vorranno donare i nostri connazionali.


La “Voce” continuerà a farsi eco e a sostenere le manifestazioni di solidarietà che, verso le popolazioni terremotate, sorgeranno qua e là in Venezuela e si augura che la nostra risposta sia forte e incisiva. Al tempo stesso non desisteremo dal nostro appello all’unità. Siamo più che mai convinti della necessità di un’azione collettiva che ci permetta di ritrovare una comune identità e di dare all’esterno l’immagine di una collettività che risponde compatta e dignitosa alla richiesta d’aiuto di una regione colpita al cuore.


Non ci interessano le gare a chi è più bravo, non ci interessa e non ci serve una coccarda strappata al dolore.