Cacao, un potenziale da sfruttare

CARACAS – Una vera e propria ricchezza, anticamente sfruttata da un sistema schiavista ed oggi da un mercato inadatto.


Stiamo parlando del cacao, prezioso alimento fulcro del “Chocco Venezuela 2009”, il festival del cacao e del cioccolato che fino a domenica ha affollato le sale del Centro Internacional de Exposiciones di Caracas.


 


L’inaugurazione


“Mmm… il cioccolato…”. Queste le parole d’esordio di Giorgio Trevisi, il presidente della Camera di Commercio Italiano Venezolana, che venerdì ha inaugurato la fiera, organizzata dalla Camera di Commercio nell’ambito del VI Festival Italiano, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia e la collaborazione dell’Istituto per il Commercio Estero ICE.


La kermesse, terminata ieri con la cena benefica “Cacao de Punta a Punta” per il recupero delle zone produttrici di cacao del parco Harry Pitter, è stata inaugurata dall’Ambasciatore Luigi Maccotta che ha definito la fiera “l’evento più importante del Festival Italiano” che “omaggia il cibo degli dei, cui storicamente era affidato il ruolo dell’odierno petrolio” ed ha simpaticamente augurato a tutti i presenti una “gradevole indigestione”.


Centinaia le persone radunate: contadini, agricoltori, piccoli e medi imprenditori, artigiani, cooperative, grandi industrie, chef, scienziati, ricercatori, operatori turistici che lavorano nel settore del cacao e del cioccolato, semplici consumatori e appassionati. Ospiti anche gli italiani Gianluca Franzoni – impegnato con la firma Domori Srl, riconosciuta a livello mondiale per l’altissima qualità del suo cioccolato – e Silvio Bessone che, oltre ad essere direttore dell’impresa Le Delizie, è esperto internazionale per quanto riguarda la lavorazione del cacao e selezionatore ufficiale per gli importatori europei. Degno di nota anche l’italo-venezolano Giovanni Conversi, attualmente principale maestro cioccolataio dell’impresa Kakao.


 


Silvio Bessone


“Io sono diverso, sono un imprenditore con i calli alle mani – dichiara convinto Silvio Bessone ai microfoni della Voce – perchè sono un cioccolatiere che non compra il cioccolato ma lavoro partendo dai semi di cacao”.


Promotore di un nuovo ciclo economico che dia pari dignità a tutti gli attori della filiera alimentare e non penalizzi sia consumatori che produttori di base, Bessone dimostra di avere le idee chiare sulla realtà venezolana.


“Oggi nel mondo ci sono una decina di multinazionali che producono a livello industriale senza ricercare la qualità. Inoltre, i traider cui sono affidate tutte le transizioni economiche, fanno il loro gioco sporco. Pensavo – confessa – che l’alternativa fosse il mercato etico, detto equo e solidale, ma purtroppo anche in questo caso non c’è volontà di giustizia: questo tipo di mercato, che dovrebbe essere ‘giusto’ lo trovi solo alle cene e ai meeting, mai nei campi con i contadini chefanno la sua ricchezza”.


La soluzione, per Bessone, è un sistema che si faccia portavoce di una “bioetica alimentare”. Un “mercato etico” che il cioccolatiere italiano ha già sperimentato in Paesi quali Sri Lanca e Brasile, con ottimi risultati.


“In Venezuela mancano agronomi, esperti nel processamento del cacao. Non c’è la dovuta serietà nella trasformazione dell’alimento, anche perchè il contadino è scoraggiato da un sistema che ricama sui profitti e lo accantona. Quello che io faccio – dichiara – è andare in loco e offrire ai contadini un’opportunità di svolta: se innalzano i loro prodotti al massimo della qualità, perchè diventino competitivi sul mercato internazionale, io li compro e li pago molto bene, valorizzando il loro lavoro e rispettando il consumatore, che merita sempre un ottimo livello”. 


Le convinzioni di Bessone sono ribadite dai dati illustrati da Jorge Redmond Schlageter durante la prima conferenza che Chocco Venezuela ha ospitato nel Salòn Criollo.


“Dal 1975 ad oggi – dichiara il presidente de Chocolates El Rey di Caracas – si nota un calo della realtà agricola e della qualità del cacao in Venezuela. Inoltre, il 95 per cento dei produttori coltivano in massimo cinque ettari di terra e l’età media dei coltivatori è 65 anni. Abbiamo bisogno – continua – di un programma di sviluppo tecnico e finanziario, un ‘plan cacao’ con una visione congiunta di tutti i settori, per ridare al cacao il posto d’onore che merita nell’economia venezolana”.


 


Quale strada?


Parlando con i ‘cacaoteros’ ci si convince di un Venezuela potenzialmente competitivo nella produzione di cacao e nella lavorazione del cioccolato, sia a livello qualitativo e quantitativo, che solo deve trovare una strada percorribile di sviluppo. Importante che, in apertura della fiera, è stato consegnato all’ Empresa Campesina Chuao il marchio di “denominazione d’origine”, il primo a livello mondiale


“L’africa produce il 60 per cento del cacao grezzo da esportazione – ci dice Javier Marquez, dell’hacienda La Ceiba di Barlovento –. Questo per le condizioni neo-schiavistiche dei lavoratori che rendono i prezzi più bassi e la vicinanza geografica all’Europa favorisce gli scambi. Il Venezuela, come paese produttore, si fa carico di tutti i rischi dipendenti da fattori naturali e vende a poco prezzo la materia prima ad industriali che non hanno rischi perchè se non possono importare da una parte, importano dall’altra, disinteressandosi della condizione sociale e della qualità di vita dei coltivatori di cacao”.


La soluzione potrebbe essere: un sistema industriale che  si sviluppi adeguatamente in Venezuela. Ma Marquez non sembra convinto.


“Dipende da chi e come sono gestite le industrie. Perchè, più che essere conclusa, la schiavitù si è solo trasformata e oggi come oggi la frangia contadina non ha le potenzialità economiche per uscire dal livello regionale, ‘di zona’, cui è ancorata. Se coltiviamo molto cacao come lo lavoriamo? A chi lo vendiamo? Come lo commercializziamo? A che prezzo? Il nostro vicino non lo vuole, perchè ce l’ha. L’estero lo vorrebbe, ma non abbiamo la quantità sufficiente e le risorse per esportarlo”.


Manuel Gomez, dell’associazione civile Acciòn Campesina ha trovato una risposta provvisoria per favorire la distribuzione del cioccolato artigianale.


“Sovrapponendo la mappa geografica della povertà e quella relativa alle zone produttrici di cacao, notiamo una singolare coincidenza. Per rimediare abbiamo costituito una cooperativa che vanta l’appoggio della ong italiana Cesvi  e del Ministero degli Esteri italiano.


I cacaoteros – spiega – sono anche chocotheros, ma il livello di produzione è basso. Quindi si uniscono in una cooperativa, comprano il cacao dai vicini della zona e lo lavorano in un’unico punto dotato dei macchinari adeguati. Poi si organizzano eventi di distribuzione. Fino ad ora la cooperativa ha già organizzato 7 fiere e 4 minifiere del cioccolato artigianale”.


Gomez conclude con una speranza:


“Tutti credono che la produzione sia orientata da ragioni razionali, economiche. Invece è qualcosa di culturale. Adesso c’è inerzia, il cacao è visto ancora come frutto silvestre e tutti fanno il minimo indispensabile. Così c’è una media di 260 kg di cacao ogni ettaro di terra invece di 1200 kg. Deve cambiare l’approccio all’attività produttiva”.