Stato-Mafia, il “papello” di Cosa nostra consegnato ai magistrati di Palermo


PALERMO – Una fotocopia del ‘papello’, l’elenco delle 12 richieste di Cosa Nostra allo Stato per interrompere la stagione delle stragi nel 1992, è stato consegnato mercoledì mattina ai magistrati della procura di Palermo. E’ stato l’avvocato di Massimo Ciancimino, Francesca Russo, a consegnarlo al procuratore aggiunto Roberto Scarpinato e al pm Nino di Matteo. Accanto questo ‘papello’ – che sarebbe stato stilato da Totò Riina, secondo quanto trapela dalla Procura – che i mafiosi corleonesi avanzarono alle istituzioni nell’estate fra le stragi Falcone e Borsellino, spunta a sorpresa un altro ‘papello’ con le proposte e le modifiche ai 12 punti pretesi dai boss che don Vito Ciancimino avrebbe scritto di proprio pugno e consegnato all’allora colonnello del Ros, Mario Mori. Il fatto, inedito, è documentato dal L’espresso con alcune foto dei fogli in cui si leggono al primo punto i nomi di Mancino e Rognoni; poi segue l’abolizione del 416 bis (il reato di associazione mafiosa); “Strasburgo maxi processo” (l’idea di Ciancimino era quella di far intervenire la corte dei diritti europei per dare diverso esito al più grande procedimento contro i vertici di Cosa nostra); “Sud partito”; e infine “riforma della giustizia all’americana, sistema elettivo…”.


Su questo “papello” scritto da Vito Ciancimino era incollato un post-it di colore giallo sul quale il vecchio ex sindaco mafioso di Palermo aveva scritto: “consegnato al colonnello dei carabinieri Mori dei Ros”. Per gli inquirenti il messaggio è esplicito. Mostrare ai giudici l’esistenza del ‘papello’, rappresenta una prova tangibile che la trattativa fra mafia e Stato non solo è esistita, ma è anche iniziata nel periodo fra l’attentato di Capaci e quello di via d’Amelio. Per gli inquirenti questo documento, consegnato dal dichiarante Massimo Ciancimino, che collabora con diverse procure, può dare il via a nuove indagini. Con l’obiettivo di scoprire fino a che punto può essere arrivato il tentativo di trattativa rivelato dal figlio dell’ex sindaco mafioso.


I 12 punti richiesti da Riina e Provenzano, che sono anche questi al vaglio dei magistrati, si aprono, invece, con la revisione del maxi processo a Cosa nostra. Gli altri spaziano dall’abolizione del carcere duro previsto dal 41 bis agli arresti domiciliari per gli imputati di mafia che hanno compiuto 70 anni. La lista si conclude domandando la defiscalizzazione della benzina per gli abitanti della regione siciliana.


Walter Veltroni, componente della Commissione Antimafia ha chisto l’immediata convocazione dell’organismo parlamentare: “Alla luce della conferma dell’esistenza del ‘papello’ – ha detto – confido che il presidente Pisanu, in coerenza con il suo ruolo ed il suo profilo istituzionale, convochi immediatamente la commissione Antimafia”.


L’ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli è stato ascoltato per circa tre ore dai pm di Palermo e Caltanissetta, come testimone nell’ambito delle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia, condotta dai pm del capoluogo siciliano, Antonio Ingroia e Paolo Guido, oltre che sulla strage di via D’Amelio, svolta dal procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari e dall’aggiunto Domenico Gozzo. Martelli, ascoltato a Roma, ha ribadito i concetti espressi giorni fa nel programma tv “Annozero”: “Intuii che Borsellino sapesse della trattativa fra Stato e boss per far cessare la stagione delle stragi – ha detto – e di recente me lo ha confermato Liliana Ferraro”, l’ex direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, successore di Giovanni Falcone in quell’incarico, dopo la strage di Capaci, anche lei ascoltata ieri a Roma..


L’ex ministro della Giustizia ha negato di aver ricordato soltanto ora fatti risalenti al 1992: “Avevo parlato in numerose interviste dei miei dubbi sulla formazione del governo Amato, nel 1992, delle pressioni che subii per lasciare la Giustizia e andare alla Difesa e della situazione di Vincenzo Scotti, che dovette lasciare gli Interni a Nicola Mancino”.


Ad “Annozero” Martelli aveva detto – e ieri lo ha confermato ai pm – che Borsellino fu informato dalla Ferraro dei tentativi di Massimo Ciancimino di avere “coperture politiche” rispetto ai contatti e agli approcci con i carabinieri.