Sistema elettorale, Fini apre a un “modello italiano”

ROMA – Dopo lo scontro con Berlusconi, il presidente della Camera sostiene: “Le riforme costituzionali si possono fare anche senza l’opposizione. Un’intesa è meglio per evitare il referendum” Sul fronte del dialogo – mentre non si placano le polemiche fra maggioranza e opposizione, con il Pd che accusa il capo del governo di non rispettare l’autonomia del Capo dello Stato – il presidente della Camera ribadisce che modifiche costituzionali sono possibili anche senza l’opposizione, ma precisa che un’intesa è meglio per evitare la spada di Damocle del referendum.
Posizione, quest’ultima, condivisa dal presidente del Senato, Renato Schifani. Forse per liberarsi dalla tenaglia dell’alleanza fra Cavaliere e Lega, Fini torna a parlare di forma di governo e lancia l’ipotesi di una ‘terza via’.
“Non so se il modello francese sia il migliore: potremmo anche dar vita ad un sistema tutto italiano”, spiega nel corso di una visita ad un liceo romano. In sostanza, come spiegano dal suo staff, la terza carica dello Stato, pur continuando a preferire il modello d’Oltralpe nella sua intergrità (doppio turno compreso), si dice disponibile al confronto su una ‘ricetta ad hoc’ per l’Italia. Ipotesi avanzata anche dal Cavaliere, che propone un mix di un sistema francese in salsa italiana: semipresidenzialismo e turno unico.
Fini parla anche di dialogo: “E’ opportuno, ma non indispensabile che una riforma cosí importante come quella del sistema italiano sia condivisa”, dice il presidente di Montecitorio, sottolineando che non si potrebbe urlare “vergogna” se il governo decidesse di modificare la carta costituzionale a maggioranza. Certo, il leader di An continua a mettere i guardia sui rischi insiti nel referendum (obbligatorio senza un’intesa con l’opposizione) e per questo sottolinea come di debba “cercare fino all’ultimo di coinvolgere una maggioranza quanto piu’ vasta” possibile. Ma è un passaggio che rischia di rimanere in ombra rispetto a quello sul fatto che un’intesa non sia “indispensabile”. Soprattutto dopo che sul tema interviene Schifani, che sottolinea come “le larghe maggioranze siano sempre quelle più auspicabili, perché evitano il referendum”.
Ma a guardare i segnali provenienti dall’opposizione, lo spiraglio per il dialogo appare sempre più sottile. Berlusconi vuole un “potere senza controlli ed equilibri”, attacca il capogruppo dei senatori del Pd Anna Finocchiaro” e in queste condizioni “è difficile pensare ad un confronto”. Totale chiusura da parte dell’Idv: “Soltanto gli stolti possono pensare di affidare le riforme a Berlusconi che ogni giorno umilia il presidente della Repubblica”, attacca il leader Antonio Di Pietro.
Più cauto l’Udc. “Confermiamo la nostra disponibilità al confronto”, spiega il segretario Lorenzo Cesa, che però chiede il massimo “rispetto delle istituzioni”. Ed anche il finiano Italo Bocchino, batte sullo stesso tasto, invitando il centrodestra a “evitare scontri istituzionali”.
Il fronte berlusconiano tace. L’intento è di evitare polemiche con il Colle. Del resto, lo stesso premier – ai più stretti collaboratori – prima di partire da Washington ha ripetuto che non era sua intenzione creare attriti con Giorgio Napolitano, spiegando che quel passaggio del suo intervento, cosí poco gradito al Colle, era solo un refrain della campagna elettorale per spiegare i pochi poteri del governo.