Lingua e cultura italiana, l’impegno di Dante e politica

C’è oggi una politica linguistica organica per diffondere l’italiano nel mondo? Chi tutela l’italiano, chi ne cura
la promozione, chi può offrire risposte concrete alla crescente domanda di lingua italiana cui si sta assistendo
negli ultimi anni? E a monte, siamo pronti a rispondere alle esigenze di chi si accosta alla nostra lingua e alla
nostra cultura? A questi argomenti hanno tentato di rispondere i partecipanti al convegno “L’italiano all’estero:
strategie di promozione e tutela”, organizzato a Roma dalla Società Dante Alighieri e dai parlamentari eletti nella circoscrizione estero.

L’Italia è presente nel mondo con rappresentanze diplomatiche (Ambasciate, Consolati, Istituti italiani di cultura), rappresentanze istituzionali (124 Comites e il Consiglio generale degli italiani all’estero), migliaia di associazioni, scuole italiane e 423 comitati della Società Dante Alighieri. Una rete imponente di proposte culturali cui hanno accesso ogni anno migliaia di persone. La domanda che si sono posti i relatori è se questa pluralità di strutture sia attrezzata per affrontare le sfide che il futuro riserva e, in particolare per quanto riguarda la tutela dell’italiano nella Commissione europea, per proporre soluzioni
e programmi che consentano alle nuove generazioni di italiani nel mondo di accostarsi alla lingua dei loro
padri.

Le altre sfide che attendono gli addetti ai lavori riguardano i nuovi mercati delle lingue e l’apertura di nuove frontiere come per esempio quelle rivolte all’Oriente che si affacciano sul mondo linguistico occidentale dimostrando un apprezzamento sempre più forte per la lingua e la cultura italiane, e gli effetti dei fenomeni migratori, che aprono di continuo strade nuove sul fronte dell’integrazione e quindi dell’apprendimento linguistico.

Tanti gli interventi dei rappresentanti delle Università, degli enti che certificano la lingua italiana nel mondo e delle maggiori istituzioni, dal Ministero degli Esteri al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, dalla Società dante Alighieri all’Unesco. Nel corso del convegno sono stati resi noti i risultati dell’indagine svolta dall’Istituto Piepoli sulla percezione degli italiani sulle strategie di promozione e tutela della lingua italiana nel mondo. “C’è la volontà di rafforzare l’immagine dell’Italia all’estero” ha assicurato il sottosegretario agli Affari esteri, Alfredo Mantica che sottolinea che “purtroppo però in Italia si assiste anche alla mancanza d’ orgoglio di celebrare la nostra storia” e ovviamente è “sempre più difficile trasmettere e difendere l’immagine del Paese all’estero”. Secondo Mantica invece, “ce n’è un grande bisogno” perché, spiega, “gli stereotipi su di noi sono molti e molto più diffusi di quel che si creda.

Dal nord Europa all’America Latina solo quando ci sono motivi di conoscenza si vede questi stereotipi cadere”. Poi il sottosegretarioentra nel merito dei temi del convegno e, commentando gli argomenti emersi nel corso dei lavori spiega: “La cultura, la lingua la storia ci possono aiutare”. Il senatore Mantica invita ad ”avere un po’ di coraggio” e cominciare a promuovere all’estero “anche il nuovo del nostro Paese”. “Non ce l’ho con Caravaggio – dice – ma spesso ci si rifugia nel classico per timore di sbagliare invece, si dovrebbero veicolare
anche i contemporanei per smantellare l’idea che l’Italia era grande solo nel tempo antico”. “Insomma dopo
Caruso si possono esportare Vasco o la Pausini, non farebbe male”.

Commentando uno dei problemi emersi nel corso dei lavori negli interventi dei rappresentanti del Miur, Unesco, e dei parlamentari, Mantica dice di
condividere “l’esigenza di un maggiore coordinamento e armonizzazione degli strumenti utilizzati dall’Italia per
portare la lingua e la cultura italiana nel mondo”. Poi il sottosegretario, non senza una nota polemica, spiega:
“Ritengo che il ministero degli Affari esteri debba essere il regista di molte questioni e anche di questa. Abbiamo tentato di fare da cabina di regia ma la parte più importante da razionalizzare dipende dal ministero dell’Università e della Ricerca (Miur). Purtroppo – aggiunge – al Miur ci sono posizioni di difesa dell’esistente che è difficile superare”.