E’ un’Italia priva del numero dieci

Per il mondo intero, difendono la Coppa ma senza troppe speranze di riconfermarsi ai vertici. Semmai, la fiducia accordata è tutta in credito al prestigio del suo ct, che ancora una volta se ne andrà dopo un Mondiale e ha deciso di ripartire dalle sue vecchie idee, e guai a parlargli di stile Inter. “Lo facevo quindici anni fa, con la mia Juve di Vialli e Ravanelli”, ricorda l’ex allenatore bianconero, quando parla di un’Italia moderna, con una sola punta e nove giocatori dietro a difendere ed attaccare. Chiederà anche lui, come Mourinho ad Eto’o, di difendere su chi attacca.

Il problema, semmai, è non avere gli Eto’o. Mai come questa volta l’Italia è priva di ‘talenti’. Non che manchino i piedi buoni, e il 10 inevitabilmente finirà sulle spalle di Pirlo. Ma la mancanza dei Baggio o dei Totti è anche il segno: una generazione è finita, dopo il Mondiale, con Prandelli, si rifonderà.

Per questo Lippi ha disegnato un’Italia nuova, affidando al bay-juventino Marchisio il ruolo di trequartista: non uomo assist, ma centrocampista che si inserisce. Il play, da dietro, lo farà Pirlo. Il manipolo di fedelissimi rimasti al ct, tornato per ‘rivivere la magia del Mondiale’ più che per provare a ripercorrere le orme dell’inimitabile Pozzo, è in tutto composto da nove giocatori. A loro però il ct affida la dorsale della squadra. Anche per questo il mondo che guarda a Brasile, Spagna, Inghilterra, Argentina come favorite per la Coppa che l’Italia rimette in palio ha poca considerazione della nazionale campione in carica.

Logico dunque rispolverare la vecchia formula: la forza del gruppo. Con Buffon e Cannavaro ancora leader, in campo e fuori; le tante incognite infortuni (per il portiere come per Iaquinta e Camoranesi, uomo chiave); con poche forze fresche (Marchisio, Bonucci e Pazzini le scommesse).

Certo, a favorire l’impatto azzurro col Mondiale c’è un gruppo facile: Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda, con tutti i pessimismi del caso, sono avversari facili. E a meno di una nuova ‘’Corea’, il vero scoglio l’Italia lo troverà ai quarti, dove Spagna o Brasile si profilano.

“Il Mondiale non è un campionato, ma un torneo di un mese – ripete sempre Lippi – Non conta l’età, ma l’esperienza e il grado di forma. E noi ci faremo trovare pronti”. Così il resto del mondo aspetta di capire se ancora una volta l’Italia è capace di far cambiare l’idea agli scettici.