Lo studio dei gesuiti: la detenzione provoca danni fisici e mentali

Richiedenti asilo e immigrati irregolari soffrono di “ansia, depressione, emigrazione, perdita di peso, insonnia” dovute allo stress psico-fisico di trovarsi privati della libertà “senza aver commesso nessuno reato”, inattivi, senza contatti con l’esterno, in condizioni igieniche precarie, nell’incertezza del futuro.

L’80% dei richiedenti asilo non sa quando potrà uscire dal centro. Molti equiparano il loro centro di detenzione ad una “prigione” e in molti centri sono stati registrati abusi fisici e verbali”. E’ quanto emerge, in sintesi, da uno studio di 400 pagine realizzato dal Jesuit refugee service-Europe, il servizio dei gesuiti che ha sede a Bruxelles, che ha coinvolto organizzazioni non governative di 23 Paesi europei.

L’Italia ha collaborato tramite il Centro Astalli, ma né in Italia né nel Regno Unito sono stati intervistati migranti. Il progetto “Diventare vulnerabili durante la detenzione”, presentato oggi a Bruxelles, è cofinanziato dalla Commissione europea tramite il Fondo europeo per i rifugiati. Dal rapporto emerge che “più è lunga la detenzione più le condizioni dei migranti peggiorano”. Per questo vengono suggerite una serie di raccomandazioni ai decisori europei e agli Stati membri: la richiesta che “i richiedenti asilo non siano detenuti durante la procedura”; l’attuazione, per i richiedenti asilo, di “misure alternative alla detenzione che rispettino la dignità umana e i diritti fondamentali”; un sistema di identificazione dei bisogni dei richiedenti asilo e delle categorie più vulnerabili attivo “nei luoghi di ingresso” (terra, mare o aria); e nel caso non si possa evitare la detenzione, “che sia usata per il minor tempo possibile”, con il “supporto di aiuto legale e/o assistenza fin dal primo giorno di detenzione”.

Si chiede, inoltre, che vengano date ai richiedenti asilo “tutte le informazioni necessarie, in forma scritta ed orale, nella lingua che comprendono, per poter avviare la domanda di asilo”, ma anche la possibilità di svolgere attività “fisiche ed intellettuali”, di “avere contatti con il mondo esterno”, e “adeguate cure mediche, comprese quelle psicologiche”.