Intercettazioni: il governo pone la fiducia e l’Idv occupa il Senato

ROMA – Sul ddl intercettazioni il governo chiede il voto di fiducia: il 34esimo dall’inizio della legislatura. L’opposizione protesta con tanto di cori e occupazione finale da parte dell’Idv dell’Aula di Palazzo Madama. Si chiude così l’ennesima giornata al cardiopalma sul fronte delle intercettazioni cominciata verso le 9 con la seduta della commissione Giustizia per esaminare gli ultimi 13 emendamenti (poi diventati 12) del relatore Roberto Centaro.

In commissione, in realtà, si riesce a fare ben poco. I senatori dell’opposizione intervengono più volte su ogni proposta di modifica facendo spazientire i colleghi della maggioranza. Alla fine il presidente della Commissione Filippo Berselli è costretto a concedere un po’ di tempo per l’illustrazione dei sub-emendamenti e fissando il voto alle 13.30. L’Aula è però convocata per le 15 e il termine appare subito insufficiente per votare i 12 emendamenti e i circa 50 sub-emendamenti.

Gianrico Carofiglio (Pd) ai giornalisti dice subito che un voto conclusivo in commissione non ci sarebbe stato. L’ipotesi viene confermata da Berselli.

– Per colpa dell’ostruzionismo dell’opposizione – avverte – il voto finale della commissione non ci sarà.
Ma a fare ostruzionismo non è solo l’opposizione. Stanco di sentire gli interventi fiume degli ‘’avversari’’, il legale del premier e senatore del Pdl Piero Longo prende la parola e, visto che ormai non c’è più niente da fare per arrivare a votare almeno un emendamento, se la tiene per 20 minuti. Durante i quali, spiega il collega di partito Franco Mugnai, ‘’disquisisce argutamente del merito del provvedimento’’. Il diretto interessato sorride e non commenta.

In Aula il clima si arroventa subito. Berselli nella sua relazione dà tutta la colpa al centrosinistra. Ma il senatore del Pd Giovanni Legnini non ci sta e spiega che l’opposizione ha fatto interventi sul contenuto delle singole proposte per migliorare il testo. La maggioranza ride e protesta. Legnini solleva quindi alcune questioni procedurali come il fatto che il presidente del Senato Renato Schifani – che si è detto ‘’rammaricato’’ per il mancato voto in commissione – non abbia indicato un termine per il confronto.
Subito dopo arriva l’intervento del governo che, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, pone la questione di fiducia. Una richiesta che si accompagna ad un ‘giallo’: quello su quale Cdm avesse autorizzato l’eventuale apposizione della questione di fiducia. Giallo che si arricchisce per un errore di Vito che prima indica quello del 29 maggio e poi precisa: no era il 25. Il Pd fa scoppiare il caso: ‘’e su quale testo?’’.

Ma una nota di Palazzo Chigi prova a placare le polemiche: si era deciso genericamente di deliberare il voto di fiducia. Ma fino all’ultimo si è sperato che non fosse necessario. Berlusconi intanto ribadisce di non essere convinto del testo che più in là, assicura, ‘’dovrà essere migliorato’’.

– Ma allora perchè – è la replica della Finocchiaro – se non gli piace, il governo ci chiede la fiducia?
I senatori dell’Idv annunciano l’intenzione di promuovere un referendum. Mentre sempre la Finocchiaro afferma che sarebbe meglio ricorrere prima in Cassazione. I dipietristi alla fine occupano l’Aula. Passeranno lì l’intera notte, assicura il capogruppo in commissione Giustizia Luigi Li Gotti. Seduti ai propri banchi con la bandiera italiana tra le mani.

La stretta punto per punto

ROMA – Dal limite dei 75 giorni alle sanzioni per gli editori, ecco come il ddl sulle intercettazioni arriva al suo rush finale in Senato.

– LIMITI: Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni (tra questi c’é anche la corruzione). I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c’é necessità, vengono concessi altri tre giorni prorogabili di volta in volta con provvedimento del gip. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio ecc.) le intercettazioni sono possibili per 40 giorni, più altri venti prorogabili.

– DIVIETI E SANZIONI: Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati non tra virgolette ma con un riassunto. Gli editori che li pubblicano in modo testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che sgarrano ci sono 300 mila euro di multa, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee ai fatti. Colpiti anche i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

– CIMICI: niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le ‘cimici’’ saranno consentite al massimo per tre giorni, prorogabili di altri tre.

– PM CIARLIERI: Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio e semplicemente va in tv a parlare dell’inchiesta può essere sostituito dal capo del suo ufficio.

– PEDOFILIA: scompare la norma che eliminava l’obbligo di arresto per i reati di pedofilia di «lieve entità».

– NOMA TRANSITORIA: Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni.

– RIPRESE: Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della corte d’appello, che può autorizzarle anche se non c’é il consenso delle parti.

– IENE, STRISCIA, REPORT: le registrazione carpite di nascosto sono permesse ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

– CLERO: Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la discesi; se l’intercettato è un vescovo il pm deve avvertire la segreteria di Stato vaticana.