Gli italiani hanno stretto la mano a Chàvez

Quella di Antonio Coiro, un elogio al ‘proceso revolucionario’ che grida a grandi caratteri ¡Aprovechemos a Chávez!, stride con le lamentele di Marco Polesel, incaricato di promuovere la Lega Nord in Venezuela, e quelle di Mario Sebastiani, che scaglia pietre contro il governo italiano e venezolano.


Polesel, in sintesi, non è d’accordo sul fatto che la Collettività italiana incontri, nella persona del ministro degli Esteri, il presidente Chávez ed il suo regime socialista repressivo, filocubano, filoterrorista, illegale, illegittimo ed antidemocratico, che promuove la criminalità come arma di terrore per paralizzare i cittadini – mixando le parole di Polesel -. Questo perchè la suddetta Collettività, all’80 per cento, “ha votato per la destra”. E la destra non s’immischia con i comunisti, causa per cui i nostri migranti “nudi ed inermi dovranno riguardare la madrepatria da cui sono partiti”.


Vorrei puntualizzare alcune cose.
In primis, vorrei ricordare lo ‘scandalo delle schede bruciate’ e il famoso ‘falò’ di Aldo Miccichè, dove si persero migliaia di voti a favore della candidata del Pd. Le percentuali della destra di Polesel, quindi, andrebbero decisamente ridefinite e ridimensionate. E poi, non essere d’accordo con la politica del governo di Chàvez non vuol dire necessariamente essere di destra. Si può essere di sinistra e dissentire. Perchè no? Passando poi al “regime” che tende ad una “permanenza anch’essa illegittima” – il riferimento è alla possibilità di ricandidatura delle cariche politiche – parlerei dei sette governi di De Gasperi, dei sette di Andreotti, di Berlusconi IV.


Con questi scheletri e questa storia recente, come scrivere che oggi “in Venezuela non esiste un governo legale e legittimo”? Non sarà forse il catastrofismo di chi vede la pagliuzza negli occhi altrui e non la trave nei propri, come diceva un vecchio proverbio?


Senza dubbio Polesen può trovare alleati tra le fila della nostra Collettività. Giusto vicino al ministro, pronto a prendere parola come ‘rappresentante degli italo-venezolani’, c’era Ugo di Martino, membro del Consiglio di Presidenza del Cgie. Era in piedi, fiero, criticando il presidente venezolano e le sue supposte “tendenze totalitarie”. Senza vergogna.


Eppure qualche anno fa, esattamente il 22 giugno 2005, Di Martino, insieme a Nello Collevecchio e Michele Coletta, se ben ricordo, era con Chávez a Miraflores per la firma che decretava l’istituzione della ‘Giornata dell’amicizia italovenezolana’. L’ambasciata, in quell’occasione, sottolineò che “gli organi rappresentativi della collettività” erano stati assolutamente “tutti solidali nella loro volontà di instaurare un dialogo con il Governo venezolano”. Ci vien de chiedere: il Chàvez di allora era diverso da quello di oggi? E quindi?


Un’altra cosa. La politica ed i rapporti fra gli Stati – fortunatamente o no, devo ancora capire – sono fatti di diplomazia. I leader non s’incontrano solo perchè si trovano simpatici. L’Italia stringe relazioni diplomatiche con un paese come la Cina, che invita ora all’Expo 2015 di Milano. E il paese asiatico, con le sua agghiaccianti condanne a morte, inflitte per ben 68 possibili crimini, non è certo un esempio di virtù. Berlusconi, inoltre, distribuisce come pane abbracci e strette di mano. Oltre a Gheddafi, ha incontrato l’israeliano Netanyahu ed il palestinese Abu Mazen, tra l’uno e l’altro Obama.


Quindi, caro Polesen, il fatto che il ministro Frattini si riunisca con Chávez non deve scandalizzare. Per consolarti, puoi ripensare agli incontri tra Papa Giovanni XXIII e Fidel Castro.
Si potrebbe criticare invece, come fa Mario Sebastiani, la “frettolosa, retorica e banale riunione” del ministro degli Esteri “con alcuni membri studiati e poco imbarazzanti” della Collettività. Un incontro tanto, come sostiene Sebastiani, per fare presenza, quando la vera ragione del viaggio era un’altra: “prendere soldi e mettere una pezza alla faccenda di Contuy”. Diplomazia.


Per Sebastiani quello della settimana scorsa è stato un meeting inutile. “Non prendeteci per i fondelli con la farsa delle preoccupazioni” denuncia. “Chávez non permette che ci s’immischi troppo e nel frattempo ci sta togliendo tutto”. Intanto, l’Italia si dimentica dei suoi cittadini all’estero (una “comunità in emergenza” la definisce Sebastiani) e si dimostra reticente a distribuire nazionalità e passaporto che “permetterebbero un po’ più di sicurezza in caso di necessità estrema, vedi Cuba”.
La terza lettera, “Visión de un inmigrante. ¡Aprovechemos a Chávez!” usa toni decisamente meno aggressivi e allarmistici per sostenere l’idea che in Venezuela si stia assistendo ad un “cambiamento sociale giusto”, pacifico e democratico. Un trend di cui dobbiamo, appunto, ‘approfittare’ per realizzare quello che “altri hanno realizzato con guerre e sangue”.


Con parole più soft rispetto alle altre lettere, risponde a quelli che “ripetono come pappagalli che avversano il presidente Chávez perchè ha diviso in due settori il popolo venezolano”. Antonio Coiro scrive:
– Chiaramente ci sono due settori. Ho occhi per vederli, orecchie per ascoltarli, ma anche la lunga memoria per ricordare che anche negli ultimi 40 anni c’erano due settori. E al settore più povero e abbandonato usavamo occhi per vederlo, però mai si usarono orecchie per ascoltarlo.


C’è quindi chi non rientra in un supposto 80 per cento. Chi non è invitato ad incontrare ministri. Chi resta in Venezuela per vivere bene, non per rimpiangere l’Italia. Chi resta per mescolarsi ad un popolo, non per importare un partito xenofobo di separazioni e scissioni.


Signor Polesel, con mille difetti e contraddizioni evidenti, con errori di percorso volontari e involontari, il Venezuela transita il suo cammino. Accompagnamolo. Partecipiamo e non sediamoci tra le fila degli spettatori. Critichiamo con ragione senza demonizzare. Soppesiamo le parole. Chi è senza peccato, diceva qualcuno migliore di me e di Lei, scagli la prima pietra.