Intercettazioni, ddl in aula alla Camera il 29 luglio

Roma – Il Ddl sulle intercettazioni sarà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, forse il 28, ma comunque al termine dell’esame da parte di Montecitorio della manovra economica. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo riunita ieri mattina. La proposta di calendarizzazione del provvedimento l’ha fatta la maggioranza, l’opposizione ha espresso opinione contraria e il presidente Gianfranco Fini ha «preso atto dell’opinione prevalente dei gruppi».


La decisione ha dato luogo a una accesa polemica.
– Il provvedimento non verrà mai votato a luglio, potrebbe esserlo in agosto: una cosa priva di logica – ha detto il capogruppo del Pd Dario Franceschini – E’ una scelta che comprime i tempi per l’esame della manovra, una forzatura che intasa il calendario parlamentare. Anche perché, sono pronto a scommettere, il provvedimento cambierà e decideranno di votarlo a settembre.


A Franceschini ha replicato il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto.
– Non c’è nessuna prova di forza – ha affermato -. Le intercettazioni sono state in commissione 14 mesi, sono in terza lettura, sono in corso le audizioni. E’ nell’ordine delle cose che arrivi in aula a luglio e, con i tempi contingentati, si potrà votare ad agosto. Il termine forzatura è assolutamente improprio.


Michele Vietti, capogruppo dell’Udc, ha spiegato:
– Noi siamo stati sempre disponibili, ma farne una questione di puntiglio, irrigidendosi sul calendario con la forzatura del voto in agosto, rischia anche l’irrigidimento politico. Maggioranza e governo vogliono fare a braccio di ferro, ma sappiamo che la legge sarà cambiata, tornerà al Senato e non potrà essere votata ad agosto. Non si capisce il senso di questa forzatura. Mi auguro che maturi ragionevolezza.


E’ «irragionevole» calendarizzare a fine luglio il Ddl sulle intercettazioni, ha fatto notare dal canto suo lo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini in occasione della capigruppo di ieri mattina, parlando di «un puntiglio». Fini, comunque, difficilmente avrebbe potuto fare altrimenti. Il presidente della Camera, infatti, ha preso atto nel corso della capigruppo dell’«opinione prevalente» dei gruppi parlamentari in quel senso.