Celeste o Orange: un colore alla storia

Il Sud America lancia l’ennesima sfida all’Europa, per non affondare e rilanciare quella supremazia
più volte sbandierata, che gli ultimi eventi hanno messo in discussione. Stasera, infatti, al “Green Point Stadium” di Città del Capo, è in programma la prima semifinale di Sudafrica 2010 tra Uruguay e Olanda.

Alla vigilia, si diceva che il mondiale avrebbe parlato sudamericano e che le formazioni dell’America latina avrebbero mostrato la loro superiorità. In vista della prima semifinale, invece, il verdetto è completamente ribaltato.

Lo smacco si registra nei quarti, quando Brasile e Argentina, le due sudamericane più quotate, sono tornate a casa, eliminate proprio da due europee, rispettivamente Olanda e Germania. E’ così che le speranze dell’America del Sud sono tutte legate alla sorpresa Celeste, l’ultima rimasta. Gli uomini di Tabarez,
quindi, sono chiamati all’appuntamento con la storia, dal momento che l’Uruguay non disputa una
semifinale di una Coppa del mondo dal 1970 e una finale dal 1950 quando poi vinse contro il Brasile padrone
di casa (in realtà si trattava di un girone finale). “Siamo arrivati a questo punto senza avere l’invito”, è il commento di Sergio Abreu, il centravanti uruguaiano che ha siglato, con tanto di cucchiaio, il rigore
decisivo nella gara contro il Ghana.

L’Uruguay, quindi, arriva a questo incontro con la mente libera e con la convinzione di aver già fatto qualcosa di straordinario. Non ci sarà Luis Suarez, il centravanti in forza all’Ajax. Poco male, però, se si considera che senza il suo fallo di mano sulla linea di porta nella sfida contro i ghanesi, la Celeste non sarebbe arrivata fino a questo punto. Chi, invece, sicuramente farà parte dell’incontro è Diego Forlan, il giocatore di maggior talento della formazione sudamericana. L’Olanda, però, non sarà un avversario facile. Inutile nasconderlo, gli uomini di Van Marwijk hanno il pesante ruolo di favoriti. Quella tulipana, infatti, è l’unica formazione che, fino ad ora, non ha sbagliato un colpo e che non più tardi di tre giorni fa è riuscita nell’impresa di far piangere il Brasile. Più concretezza che spettacolo. Se scomodare l’Arancia Meccanica e il suo calcio totale che negli anni ’70 arrivò due volte alla finalissima perdendo prima con la Germania e poi con l’Argentina, pare azzardato, nessuno può mettere in dubbio la solidità degli Orange, nonostante un reparto arretrato tutt’altro che irresistibile, almeno sulla carta.

Difficoltà in tal senso, però, potrebbero nascere dall’assenza per squalifica di Nigel de Jong, il mediano che con Mark Van Bommel garantisce filtro e copertura alla difesa. In avanti, poi, il talento certamente non manca. Wesley Sneijder è il direttore d’orchestrache ha segnato un solo gol in meno del capocannoniere David Villa, mentre Arjen Robben è la freccia, il giocatore che, con la sua velocità e il dribbling ubriacante, ha il compito di aprire le difese avversarie. Un infortunio lo ha tenuto fuori fino alla terza sfida ma, ormai, l’ala del Bayern ha recuperato e l’intesa tra i due è sempre più forte. Con loro due insieme, e al massimo della forma, nulla è
impossibile.