Marea nera, una nuova perdita di greggio dal pozzo appena tappato

NEW YORK – Nuova falla nella petroliera affondata ad aprile nel Golfo del Messico. Thed Allen, responsabile per il governo Usa della supervisione delle operazioni per contrastare la marea nera, ha denunciato l’esistenza di una perdita vicino al pozzo appena chiuso, e serie di “anomalie sulla sommità del pozzo” ed ha ordinato alla BP un rapporto immediato. “Quando viene individuata una falla, bisogna organizzare le risorse, indagare e riferire sui risultati raggiunti al governo in non più di 24 ore”, ha scritto in una lettera indirizzata al Managing Director di BP, Bob Dudley. Una perdita di cui il portavoce del gigante petrolifero, Mark Salt, ha detto di non avere notizie.


A 4 giorni dall’inizio del test di integrità sul pozzo sottomarino, il governo federale degli Stati Uniti e la British Petroleum continuano dunque ad avere idee differenti su come gestire quelle che appaiono come le ultime settimane di emergenza nel Golfo del Messico.


Secondo quanto spiega il Washington Post la compagnia britannica è galvanizzata dall’esito finora positivo del test e ha intenzione di mantenere il pozzo sigillato fino al completamento dei pozzi di servizio, che continuano a essere l’unica soluzione definitiva al disastro. Il governo Usa, invece, preferisce rimanere prudente e spinge perché la Bp riapra le valvole della calotta di contenimento e riavvii l’aspirazione del greggio verso le navi cisterna in superficie.


Proprio domenica Doug Suttles, direttore operativo della Bp, ha dichiarato che l’intenzione della compagnia è quella affidarsi alla tenuta del nuovo ‘tappo’, bloccando il petrolio all’interno del pozzo fino ad agosto, quando diventerà operativo il primo pozzo di servizio. Dall’analisi dei dati, ha spiegato Suttles, i tecnici non hanno rilevato nessuna nuova perdita, registrando un livello della pressione interna elevato sebbene inferiore all’intervallo di massima sicurezza. È poi intervenuto un portavoce della compagnia, John Curry, spiegando che la società non intende “fare una radiocronaca” delle operazioni e che “se c’è un cambiamento, verrà rilasciata una dichiarazione”.


La Bp fa sapere di essere pronta all’ipotesi peggiore, cioè che il petrolio trovi una nuova via di fuga, magari attraverso una nuova falla del tubo del pozzo. Ma se non ci saranno imprevisti l’idea è quella di portare avanti il test a tempo indeterminato, evitando così di riprendere il processo di aspirazione che, nella fase transitoria, provocherebbe il versamento in mare di greggio per almeno tre giorni. Il primo dei pozzi di servizio, fa sapere la compagnia, è già arrivato a 5.181 metri sotto il fondale, ad appena 30 metri in verticale e 1,2 in orizzontale dal punto stabilito per la giunzione con quello danneggiato.


Quello che è chiaro è che per ripulire il Golfo da tutto il petrolio fuoriuscito potrebbero volerci anni. Dall’inizio del disastro sono finiti in mare 2,3 milioni di barili di greggio e una chiazza a forma di ferro di cavallo si estende per km nel Golfo. I km di costa contaminati sono finora 944, di cui 542 in Louisiana. Ma ancora più preoccupazioni della chiazza superficiale generano le ‘nuvole’ di greggio sottomarine, il cui impatto sull’ecosistema marino non è ancora valutabile e, secondo gli scienziati, potrebbe non esserlo ancora per anni.