Made in Italy, più Cina e sempre meno Giappone

ROMA – Quella per la Cina è la rotta più frequentata dagli imprenditori italiani, le esportazioni verso il Giappone crescono di poco. L’Italia esporta in Cina soprattutto macchine per impieghi speciali, al primo posto nella classifica delle esportazioni seguite dai macchinari di impiego generale e dalle macchine per la formatura dei metalli e altre macchine utensili. Al quinto posto ci sono i rifiuti seguiti dal cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse e pelletteria. Tra i prodotti importati al primo posto troviamo gli articoli di abbigliamento, seguiti dai componenti elettronici e dalle schede elettroniche. Terzo posto per i computer e le unità periferiche. Seguono macchine di impiego generale e poi al quinto posto per valore delle importazioni il cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse e pelletteria. Sesto posto per le calzature.

– Nel primo semestre dell’anno – spiega Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo Economico in una nota – le esportazioni in Cina sono cresciute del 23 per cento, quelle in Giappone, che sta uscendo da una lunga crisi economica, di appena il 2,2 per cento. Ma quello che più conta sono le nostre quote di mercato: in Cina siamo passati dal 1.7 al 2.3 con un crescita di oltre il 30% per cento, mentre in Giappone siamo pressoché stabili all’1.3. Una crescita forte quella del made in Italy in Cina – prosegue Urso – che abbraccia soprattutto il settore delle macchine utensili, nostra prima voce dell’export, mentre in Giappone resiste il made in Italy tradizionale legato per lo piu’ all’agroalimentare, alla moda-abbigliamento e all’arredo-casa.

Quello che è certo – ha concluso Urso – è che in questo biennio siamo riusciti a trasformare la Cina da minaccia ad una grande opportunità, prova ne è anche la recente missione di Sistema che ha coinvolto oltre 230 aziende italiane. Sarà sempre più Pechino a dettare l’agenda della crescita mondiale e, le nostre aziende, con il supporto del governo, hanno intercettato, senza paura, questa domanda globale. Quello per cui stiamo sempre allerta – ha concluso il Vice Ministro – e per il quale non abbasseremo la guardia è il tema della concorrenza sleale, a partire dalla contraffazione, ma anche su questo aspetto le autorità cinesi hanno compreso che esiste un diritto di proprietà intellettuale che è inalienabile e che è meglio il vero made in Italy piuttosto che la sua copia. Non a caso abbiamo firmato un memorandum d’intesa con il governo cinese in difesa dei prodotti italiani.